IgE ed allergeni. E nessùn si meraviglia. IgE ed alcolici. Già qui qualche sopracciglio s’alza. IgE e multiple fallaci eradicazioni d’Helicobacter pylori. Ecco il busillis dell’ultimo studio epidemiologico. Infatti, scorte le numerose concomitanze patologiche nei più sfortunati soggetti, la ricerca vaglia l’esistenza di correlazioni tra queste. Tra innalzamenti dei livelli di Immunoglobuline E, competenti negli stati allergici, e l’arroganza batterica di Helicobacter pylori. Si direbbe una virulenza agevolata; agevolata, tanto dal nostro nativo profilo immunologico, iperreattivo; quanto da una acquisita abitudine alcolica (figura 1), che di continuo inquina il torrente ematico.
Helicobacter pylori, IgE, e tutto quello che in mezzo vi scorre
Tra càrdias e pilòro, si dispiega lo stomaco. Slabbro di tubo, centrifuga chimica per le promesse ingerite; voti di rinnovamento, strutturale e funzionale. Tra καρδία, «stomaco», ed il «guardian di porta», πυλωρός, dunque, lo stomaco. Millantato acidissimo baluardo, inespugnabile ad ogni microbo; espugnato invece, da un batterio, che la fortuna ambientale se la crea da sé.
La porta già nelle sue tasche, in vero, in valùta enzimatica: gli basta infatti un’ureasi per respirare, da buon microaerofilo, agevolmente nella sua stessa tamponante aura. Con l’ureasi, quindi, l’ἕλιξ d’elicoidàl batterio (figura 2), scinde l’urea, in anidride carbonica -analitica spia, del Breath Test-, e ione ammonio. E l’ammoniaca, pur debole base al cospetto della maestà cloridrica gastrica, basta a far danni a noi, per giovare a lui; che, aderente al muco gastroparietale, qual muro di gomma per molti urti, l’Helicobacter pylori lo screpola, s’insinua, ed intanto diffonde veleni e solventi. Proteasi, idrolasi, fosfolipasi.
Fosfolipasi. Basterebbe questa sola parlante classe enzimatica a sdilinguire e scompaginare ogni membrana, dell’ultramondo istologico.
La batterica elica descrive intorno a noi concentrici solchi, dal faticoso scampo
Il flagello flagellato, entra per bocca. Vuoi per inigiene spuria, di manipolati prodotti carnei e di latte; vuoi per trasferimento da strumenti chirurgici, o per prossimità professional veterinaria. Entra, l’H. pylori. Di certo sussiste nella placca dentaria, e nella saliva. E prima d’ulcerare, già disregola la normata funzione digerente; e dopo tale avvisaglia non si ferma più, se può. Esso, infatti, scala tutto il nostro Bel Sistema, e rade al suolo ogni concerto.
Epatopatìe, colecistiti, vasculopatìe, ischemie coronariche; anemia sideropenica, autoimmunità trombocitopenica, sindrome di Prader-Willi; alcune. E cancro, che tutto annèra, in chi solo ne legga. Oppure, il batterio affiora, e sbeffeggia l’ars diagnostica con orticarie croniche e croniche cefalee, e rosacea, cui la sconfitta fantasia clinica assegna poi l’indeterminazione idiopatica.
Ce n’è abbastanza, può dirsi, per anelare a nuovi lumi sperimentali, che faccian strada in un simil groviglio, di latèbre e sprofondi agghiaccianti, irti di sintomi sine causa. All’uscita del quale, il tesoro saremmo noi.
Epidemiologiche correlazioni tra elevate IgE, e fallimenti terapeutici d’eradicazione batterica. Lo studio
I dati raccolti, durante lo studio condotto da Kayoko Ozeki, corrispondono ad un periodo d’osservazione che si è esteso da aprile 2017 a dicembre 2020; si riferiscono a casi clinici occorsi presso Hamamatsu University Hospital. Sonda d’indagine sono questionari, somministrati con il precipuo intento di valutare d’ognuno patologie allergiche (rash cutaneo, febbre da fieno, atopìa, asma), ma anche consumo regolare di alcol, tabagismo, storia di fallimenti precedenti nell’eradicazione del batterio.
Mediante saggio immunologico a fluorescenza enzimatica (FEIA), gli sperimentatori hanno ricavato il livello di IgE plasmatiche totali (IU/mL).
Serie di eradicazioni hanno sostanziato la fase centrale della ricerca. Per la prima applicazione, le molecole chimiche impiegate sono state amoxicillina, claritromicina e vonoprazan. Per la seconda, amoxicillina, metronidazolo e vonoprazan. Dopo la terza terapia eradicante, la scelta del trattamento è stata rimessa all’esperienza medica; quindi, in molti casi, sitafloxacina e minociclina hanno preso il posto dell’amoxicillina.
Analisi osservazionali e statistiche, sui livelli di IgE, in odor di H. pylori
I ricercatori hanno condotto, dunque, analisi di regressione logistica, in modo da guardar dentro la relazione tra alti livelli di IgE (ossìa, superiori a 173 IU/mL), variabile dipendente, e presenza o assenza di patologie allergiche.
In un modello 1, la presenza o l’assenza di diverse patologie allergiche ha fatto da variabile indipendente. Nel modello 2, invece, età e sesso, sono covarianti. Infine, in modello 3, la presenza o l’assenza del consumo d’alcol, ha completato il quadro di genere ed età.
All’aggiunta del consumo d’alcol, ai ricercatori è parsa rilevante la correlazine con gli alti dosaggi di IgE sieriche, in tutte le differenti patologie allergiche.
Quindi, il gruppo di ricerca ha allestito analisi di regressione logistica separata, per esaminare l’associazione tra consumo d’alcol ed IgE sopra soglia. Nuovo modello 1, e consumo d’alcol come variabile indipendente. Poi modello 2, e sesso ed età per covarianti. Infine, al modello 3, aggiunta di tabagismo e storia clinica di eradicazioni fallite, alle covarianti.
Occhi puntati sugli alcolici, che impegnano il sistema immunitario
Per non confondere le diverse patologie allergiche, gli sperimentatori hanno stratificato le analisi di base. La quota in grammi giornaliera d’alcol è derivata dalla quantità di alcolici assunta. A questo punto, analisi di regressione lineare è stata allestita sulla relazione con le misurazioni di IgE.
In un terzo modello 1, i grammi di alcol giornalieri sono la variabile indipendente. Nel relativo modello 2, età e sesso dei soggetti, sono sempre covarianti. Infine, il modello 3 associa sesso ed età a tabagismo e storia clinica di eradicazioni fallite.
Esiti e dati su cui imbastire fila, da trarre poi per muovere la futura biochimica individuale
La maggior parte dei pazienti si attesta sui 61 anni, o più; ed i soggetti in cura per eradicazione di H. pylori superano il 60%. Di questi, un buon 10% ha alle spalle almeno 3 fallimentari tentativi terapeutici.
La media geometrica dei livelli di IgE in tutti i pazienti è di 8.12; pazienti con valori superiori a 9 sono maschi bevitori, allergici, e con più di tre fallaci eradicazioni batteriche nella propria storia clinica.
I livelli di IgE sono emersi ben più elevati della soglia pari a 173 IU/mL, nei casi di atopici, asmatici, recanti rash, febbre da fieno. Nel modello 3, con consumo d’alcol unito alle covarianti, le concentrazioni di IgE sono più elevate, in soggetti asmatici e con rash. Quadro confermato anche dalla regressione logistica separata.
Più che stato dell’arte, visione d’insieme
Era il 1984 quando JP Van Spreeuwel, portò alla luce la sensibilità delle IgE delle cellule plasmatiche, a disordini infiammatori cronici, pur se aspecifici, del tratto gastrointestinale superiore. Inoltre, cellule IgE positive si fanno numerose in casi di gastriti croniche, rispetto ad una mucosa sana; e numerose, diventano anche in casi di gastriti ad eziologia batterica.
Poi, nel 2008, K Robinson ed i suoi colleghi si accorsero che soggetti affetti da gastrite infettiva da H. pylori, già segnati da esiti ulcerosi, esprimessero inappropriata risposta immunitaria; mediata dalla linea cellulare dei linfociti T regolatori. Al che, avanzarono l’ipotesi per cui la soppressione infiammatoria mediata dalle cellule T regolatorie e l’attività battericida delle cellule epiteliali potessero influenzare la persistenza d’incremento in densità di H. pylori, e la loro capacità di formare colonie.
Linneberg, e diversi altri ricercatori negli anni 2000, hanno evidenziato gli effetti cellulari ed immunitari dell’assunzione di alcolici. Riconoscendo all’alcol un ruolo inducente l’attività del Citocromo P450, e del Cyp 3A4; al pari dell’antibiotico claritromicina, noto fattore eradicante di H. pylori. Ma anche, l’alcol, fu riconosciuto in grado di innescare rialzi di concentrazione nelle IgE.
Lento pede verso i motivi immunologici degli insuccessi
Alcol. Alcolici. Responsabili comprovati della riduzione di citochine Th1 correlate, e di innalzamento delle reciproche citochine Th2 correlate; memoria e riconoscimento, queste ultime, di ostili estranei. E le citochine Th2 inducono produzione di IgE. Esiti ottenuti da H Friedman e dal suo gruppo.
Se tutto questo ancora non bastasse, a dichiarare tossico l’alcol, eterno specchio d’ogni festante sorriso, giungerebbero anche le attestazioni sperimentali che gli addebitano induziòn d’assorbimento dei lipopolisaccaridi (LPS) negli enterociti della parete intestinale; LPS, che poi muovono a cambiamenti immunologici, innalzando anch’essi le IgE.
Infine, i metaboliti dell’alcol. L’acetaldeide,che provoca rilascio d’istamina; grido d’allarme in corso di infiammazione, da parte delle mastocellule polmonari; con tanto di loro degranulazione.
Limiti e nuove soglie. Sì che ’l piè fermo sia sempre ’l più basso
E siamo a questo fresco studio, con tutta la sua evidente linearità proporzionale tra crescita dei livelli di IgE, e crescente quota di alcol ingerito, e messo in circolo.
Certo, limiti ammissibili del lavoro possono riscontrarsi nella metodica di raccolta dati; affidata ad autovalutazione dei pazienti. Si tratta pur sempre di uno studio epidemiologico.
Tuttavia, in attesa di esiti sperimentali molecolari, scalando così nuove erte di concentrazione delle IgE, questa ricerca porta con sé un vento ammonente; sferzante i comportamenti voluttuari, quando tanto gravosi per i sistemi di detossificazione del nostro organismo. Sia che già si ospiti il batterio acidofilo, sia che a soffrirne, in un silenzio teso, sia ancora solo il nostro sistema immunitario.