La fibrosi cistica (FC) è una malattia genetica rara e molto diffusa. È una patologia che colpisce soprattutto l’apparato digerente e quello respiratorio e che viene definita “multiorgano”. Tra i sintomi connessi alla malattia i più frequenti riguardano il tessuto polmonare, in particolare sono la persistenza dell’infezione e le infiammazioni degenerative a causare il deterioramento progressivo del tessuto polmonare, causa di morbilità e mortalità nei pazienti affetti da FC.
Alcuni ricercatori nel Regno Unito hanno approfondito questo argomento incuriositi dalla capacità di sviluppare resistenza da parte dei batteri e sono arrivati ad una scoperta del tutto sorprendente. È stato osservato che i virus che infettano i batteri, chiamati batteriofagi, possono accelerare questa evoluzione batterica. Gli antibiotici utilizzati per il trattamento antibatterico possono attivare i batteriofagi, questi aumenterebbero la proliferazione batterica rendendo le infezioni ancora più difficili da trattare.
Le ricerche sono state portate avanti da un gruppo di scienziati delle Università di Liverpool, Salford e York; Il team ha innanzitutto riprodotto le popolazioni del batterio P. aeruginosa, con o senza batteriofagi, in un mezzo di crescita che mimava l’espettorato nei polmoni dei pazienti affetti da CF. Lo stesso gruppo ha poi tracciato il cambiamento evolutivo nel batterio utilizzando il sequenziamento del genoma come tecnica di base. Molte delle mutazioni osservate nei batteri evoluti, compresi quelli causati dal batteriofago, sono comunemente visibili anche nei batteri isolati dalle infezioni da fibrosi cistica. I batteriofagi vivono ovunque si trovino batteri, inclusi i polmoni dei pazienti malati di CF, ciò potrebbe confermare che svolgono un ruolo importante nell’evoluzione batterica. In attesa di nuovi risultati sono in corso gli studi sperimentali per poter confermare tale scoperta ma si pensa che possa essere un reale trampolino di lancio verso dei nuovi trattamenti che coadiuvati a quelli convenzionali possano ribaltare il destino dei pazienti in cura.
Alice Marcantonio
fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4509528/