Conosciamo ormai tutti il problema, sempre più centrale, della resistenza agli antibiotici: i farmaci che una volta erano trattamenti efficaci per le malattie infettive adesso risultano spesso inefficaci. Ciò è in gran parte dovuto alla resistenza acquisita dai batteri attraverso le mutazioni genetiche che consentono loro di contrastare gli effetti dei farmaci progettati per combatterli.
Le infezioni resistenti ai farmaci risultano sempre più difficilmente controllabili e sono in buona parte dovute all’abuso di antibiotici, ma i loro effetti non sono limitati solo ai campi che ci potremmo aspettare. Vediamo un esempio.
L’agricoltura è stata storicamente una delle vie comuni per la diffusione degli antibiotici, sia nei sistemi sanitari che ambientali. Per decenni sono stati somministrati bassi livelli di antibiotici clinicamente importanti per favorire la crescita degli animali. D’altra parte, però, è stato osservato che l’esposizione costante alle concentrazioni sub-inibitorie di farmaci seleziona batteri resistenti in esperimenti sia in vitro che in vivo.
Di conseguenza, tale pratica è stata recentemente ridotta dalla Food and Drug Administration.
Gli animali da fattoria richiedono la presenza di custodi. Essi sono costantemente a contatto con animali che ospitano microbi resistenti ai farmaci e, di conseguenza, sono spesso più a rischio di essere colonizzati da batteri resistenti, come la salmonella resistente ai farmaci o lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina(MRSA), rispetto al resto della comunità. Questa non è una nuova scoperta; gli scienziati hanno descritto per la prima volta il trasferimento di batteri portatori di plasmidi resistenti, dai polli alle persone già negli anni ’70.
Allo stesso modo, gli scienziati hanno a lungo associato infezioni resistenti ai farmaci ad uso umano con analoghi ceppi presenti nel bestiame. Queste associazioni sono state registrate in pazienti affetti da malattia gastrointestinale, che potrebbe derivare dal consumo di carni poco cotte, ma anche in pazienti con infezioni del tratto urinario (UTI). Il primo isolato di Escherichia coli degli Stati Uniti con resistenza alla colistina antibiotica di ultima istanza, e che era anche resistente agli amminoglicosidi, ai β-lattamici, al cloramfenicolo, ai fluorochinoloni, alla rifampicina, ai sulfonamidi e alla tetraciclina, è stato trovato proprio in un’infezione del tratto urinario.
Questo mostra un altro pericolo delle infezioni resistenti ai farmaci: i ceppi possono ospitare più geni di resistenza, rendendo difficile determinare rapidamente il miglior corso di terapia.
La novità degli ultimi anni è la capacità di collegare direttamente i batteri che causano malattie negli esseri umani alla loro fonte di bestiame. Mentre l’elettroforesi su gel a campo pulsato è stata precedentemente utilizzata per mostrare modelli genetici simili tra i ceppi, gli scienziati che lavorano nell’era della genomica possono tracciare la storia di un isolato rintracciando ogni differenza di nucleotidi.
Questa tecnologia ha permesso agli scienziati di dimostrare in modo più diretto che un ceppo di E. coli responsabile di infezione del tratto urinario negli umani aveva avuto origine nei polli, piuttosto che essere passato prima dalle persone e poi ai polli. I ceppi che passano in nuovi ospiti sono responsabili di due pericoli, ovvero la possibilità di causare una varietà di malattie ed inoltre la possibilità di introdurre nuovi geni di resistenza nella popolazione del microbiota umano.
Salvatore Gemmellaro
Fonte: American Society of Microbiology
Ulteriori letture:
- Meet the Microbiologist: MRSA in Agriculture and Zombie Epidemiology with Tara C. Smith.
- Clinical Microbiological Reviews: Food Animals and Antimicrobials: Impact on Human Health.