Chlamydiae e infertilità femminile: il meccanismo d’azione che la causa

Introduzione

I batteri appartenenti alla classe Chlamydiae, sono microrganismi patogeni capaci di causare numerose malattie nell’uomo, colpendo le vie respiratorie, coronarie e il tratto genitale femminile.

La loro forma è tipicamente tondeggiante e sono privi di enzimi utili a svolgere gran parte dei loro cicli vitali, tanto da essere definiti come dei parassiti endocellulari obbligati.

Presentano una parete cellulare senza peptidoglicano, ma ricca in cisteine e porine, che ne conferiscono una struttura particolare. Questa, inoltre, gli permette di sopravvivere tranquillamente nel lisosoma delle cellule eucariotiche in cui si ingloba, nonché di resistere a molti trattamenti antibiotici.

È caratterizzato da un ciclo vitale dimorfico, che prevede l’alternarsi di una forma infettante più piccola, rotonda e priva di attività metabolica, e di una forma reticolare più grande, con attività metabolica e che sostiene il ciclo di riproduzione.

Rappresentzione 3D di un'infezione da Chlamydiae
Figura 1 – Rappresentazione 3D di un’infezione da Chlamydiae [medlineplus.gov]

Tassonomia

DominioProkaryota
RegnoBacteria
PhylumChlamydiae
ClasseChlamydiae
OrdineChlamydiales
FamigliaChlamydiaceae
GenereChlamydia
Specie– Chlamydia muridarum;
– Chlamydia suis;
– Chlamydia trachomatis
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Tabella 1 – Tassonomia del genere Chlamydia

Chlamydiae e infertilità: meccanismo d’azione e patogenesi

Tra le varie specie appartenenti al genere Chlamydia, tutte presentano tropismo verso determinati tessuti appartenenti agli ospiti che invadono. Nell’uomo, infatti, e non solo, possono colpire i tessuti polmonari, oculari e soprattutto genitali, tanto da essere la la prima fonte di infezioni sessualmente trasmissibili negli USA.

I sierotipi trasmissibili sessualmente possono causare la formazione di linfogranulomi venerei a livello die tessuti genitali; questi, infatti, stanziano e infettano le cellule epiteliali dei tessuti genitali soprattutto femminili, procurando sindromi a volte asintomatiche ma molto spesso dolorose e con secrezioni mucopurulente.

L’infezione, capace di debilitare gran parte degli infetti, stimola l’organismo a produrre numerose citochine pro infiammatorie che, a loro volta, attivano alcune cellule tipiche dell’immunità innata. Di conseguenza, all’avanzare della patologia, neutrofili, macrofagi e cellule linfoidi, attivano l’immunità adattativa, arrivando ad un ambiente uterino capace di contrastare Chlamydiae ma che danneggia i tessuti infetti, fino a causare infertilità.

È stato dimostrato, infatti, come la gravità della patologia e la sua durata sia direttamente correlata alla presenza e produzione di neutrofili, i quali sono i primi indiziati nella patogenesi di idrosalpinge nelle donne.

Oltre questi, però, si pensa che i macrofagi siano ulteriormente responsabili, con la loro produzione di enzimi MMP, citochine TNFα e interleuchine IL-1β, potenzialmente capaci di danneggiare e distruggere i tessuti genitali.

Le cellule Th17, inoltre, sono direttamente correlate alla presenza di neutrofili, i quali, infatti, necessitano dell’interleuchina IL-17, prodotta proprio dalle cellule Helper.

Infine, a contribuire nella patogenesi da Chlamydiae, sembrerebbero esserci i linfociti T CD8+ non specifici, i quali, inoculati in topi guariti da Clamidia, hanno causato una ricomparsa dell’infezione, nonché peggioramento del danno a carico tessuti genitali, con conseguenti cicatrizzazioni ed escrezioni purulente.

Chlamydiae e infertilità: conclusioni

Se da una parte i batteri della classe Chlamydiae sono responsabili di numerose infezioni, non solo legate al tratto genitale, dall’altra non sembrano concorrere da soli all’infertilità dei soggetti colpiti. Tali infezioni, infatti, sono spesso contrastate da cellule e metaboliti di queste capaci di creare un ambiente dannoso per i tessuti genitali, tanto da essere la prima causa dei più gravi sintomi della sindrome uterina.

Nel dettaglio, il batterio invade le cellule epiteliali, risalendo il tratto genitale e, spesso, arrivando anche alle ovaie. All’interno delle cellule invase, quindi, svolgono il proprio ciclo di riproduzione, arrivando ad una densità cellulare tale da attivare la sintesi di citochine e chemochine, tra cui IL-1α, IL-6 e IL-8, indispensabili anche per l’attivazione di alcune cellule immunitarie.

L’immunità cellulare porta alla produzione di IFNγ, capace di guarire l’infezione da C.trachomatis ma non da C. muridarum; il perdurare di quest’ultima, quindi, causa l’accumulo di macrofagi e neutrofili.

I neutrofili sono indispensabili nel contrasto dai batteri extracellulari ma sono la prima fonte di MMP e specie reattive all’ossigeno, prima causa di danno tissutale. La successiva produzione di IL-17, inoltre, rafforza l’attività dannosa dei neutrofili. Infine, il tessuto danneggiato arriverà a guarigione mediante fibrosi e cicatrici, con conseguenti ostruzione del canale uterino.

Chlamydiae infertilità - Decorso temporale dell'infezione da Chlamydiae, con conseguenti danni tissutali
Figura 2 – Decorso temporale dell’infezione da Chlamydiae, con conseguenti danni tissutali [ncb.gov]

Fonti

Crediti immagini

Articolo scritto con la collaborazione della Dott.ssa Irene Cottone del dipartimento di Scienze mediche dell’Università degli studi di Torino.

Foto dell'autore

Davide Puntorieri

Dottore in Scienze gastronomiche e oggi studente di scienze e tecnologie alimentari (LM-70) presso l'Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria.