L’inquinamento da microplastiche
Il materiale plastico, dalla sua scoperta negli anni 60’ ad oggi, ha avuto un grande successo in molti ambiti grazie alle sue caratteristiche: leggerezza, flessibilità, resistenza alla corrosione, isolamento termico ed elettrico e, soprattutto, basso costo. Queste proprietà hanno incentivato l’uomo ad una produzione esponenziale di plastica, provocando, nel corso del tempo, complicanze nella gestione del suo smaltimento.
La cattiva gestione dei rifiuti plastici ha causato la diffusione e l’accumulo di questi inquinanti in diversi ecosistemi.
Quando la plastica perviene nell’ambiente subisce differenti processi degradativi: chimici, fisici e biologici che determinano la sua frammentazione; i frammenti di questi inquinanti possono essere classificate per ordine di grandezza: microplastiche (< 5 mm) e nanoplastiche (< 100 µm).
Recentemente, però, è stato scoperto che numerosi microrganismi come batteri, funghi e alcune alghe, riescono ad utilizzare il materiale plastico come fonte di nutrimento, mediante il processo di biodegradazione.
Storia e produzione della plastica
La plastica, come la maggior parte dei polimeri sintetici, è una lunga molecola lineare composta da monomeri, unità base che possono essere costituite da molecole identiche, o da combinazioni di due o più molecole diverse. Il primo materiale plastico semisintetico fu prodotto tra il 1861 e il 1862, dall’inglese Alexander Parkers, che chiamò Parkesina o Xylonite, utilizzata per la produzione di manici e scatole.
Nel 1870, i fratelli americani Hyatt brevettano la formula del celluloide, utilizzato per sostituire l’avorio nella produzione di palle da biliardo.
Nel 1913 Fritz Klatte, un chimico tedesco, scopre il processo di produzione del polivinilcloruro (PVC) cambiando del tutto il mondo industriale. Infine, nel 1954, l’italiano Giulio Natta scopre il Polipropilene isotattico, brevettato successivamente con il marchio “Moplen” rivoluzionando tutta la filiera industriale nella produzione di materiali casalinghi, infatti grazie a questa scoperta, nel 1963 gli fu conferito il premio Nobel per la chimica.
Per produrre la plastica è necessario una reazione chimica, durante la quale i monomeri si legano l’uno all’altro e formano una lunga catena. La polimerizzazione avviene attraverso una combinazione di calore, pressione e reazioni enzimatiche di catalizzazione che porta a due processi:
- Addizione: consiste nell’unione tra monomeri identici [es. polietilene (PE)]
- Condensazione: consiste nell’unione tra monomeri diversi. [es.polietilentereftalato (PET)]
Stadi della Biodegradazione microbica delle microplastiche
La biodegradazione microbica delle microplastiche non è altro che una digestione enzimatica che causa un’alterazione delle caratteristiche del materiale plastico quali: riduzione del peso molecolare e perdita della resistenza meccanica, ma questo processo non è applicabile su tutti i tipi di plastica, poiché ogni tipologia di materiale possiede differenti peculiarità chimico-fisiche.
In seguito alla biodegradazione, le particelle degradate, vengono diffuse nell’ambiente per essere riutilizzate nuovamente da altri microrganismi. Recenti studi hanno dimostrato che l’introduzione del materiale plastico nell’ambiente ha portato la formazione di una nuova nicchia ecologica microbica, la quale offre un supporto per la loro crescita e una fonte di carbonio.
Il processo di biodegradazione delle microplastiche viene svolto da molti microrganismi mediante diverse attività enzimatiche, le quali causano la scissione dei legami all’interno della struttura polimerica. Questo tipo di degradazione è suddivisa in cinque fasi principali:
- Colonizzazione: i microrganismi (batteri, funghi e alghe) si associano tra loro, formando il biofilm, il quale provoca gravi danni alla superfice del polimero. L’adesione microbica alla superfice del polimero viene seguita dalla produzione di varie proteine e polisaccaridi, che si infiltrano nei pori del materiale portando un’alterazione della dimensione dei pori;
- Bio-deterioramento: in questa fase avviene una degradazione superficiale che altera le proprietà chimico-fisiche del materiale plastico. In particolare, i microrganismi chemio-litotrofi (microrganismi che utilizzano un substrato inorganico) (Nitrosomonas spp., Nitrobacter spp. e Thiobacillus spp.), ricavano energia da substrati inorganici, rilasciando sostanze chimiche attive, tra cui acido solforico e nitrico. I microrganismi chemio-organotrofi (microrganismi che utilizzano un substrato organico), a seguito della loro attività, possono rilasciare acidi organici (acido gluconico, acido ossalico, acido gliossilico, acido citrico, acido ossalacetico, acido glutarico, ecc). Pertanto, l’escrezione microbica di tali sostanze determina un cambiamento del pH del substrato con conseguente erosione della superfice plastica;
- Bio-frammentazione: rappresentata da diversi processi litici mediante la produzione ed esocitazione di enzimi specifici come ossidoreduttasi e idrolasi, i quali a concentrazioni elevate e dopo un lungo periodo di tempo, innescano la rottura dei legami chimici che compongono i polimeri plastici in oligomeri, dimeri e monomeri;
- Assimilazione: a seguito del processo di bio-frammentazione, i monomeri prodotti vengono assorbiti dai microrganismi, ed ossidati per produrre energia, premettendo alla cellula microbica di accrescersi e riprodursi. All’interno della cellula microbica, i monomeri assorbiti vengono ossidati utilizzando le vie cataboliche per produrre strutture cellulari ed energia chimica sottoforma di adenosina trifosfato (ATP). Esistono tre tipologie di vie cataboliche che vengono attuate sia in ambiente aerobico che anaerobico (respirazione aerobica, respirazione anaerobica e fermentazione);
- Mineralizzazione: è il processo finale del metabolismo cellulare, che consiste nell’espulsione del materiale di scarto sottoforma di metaboliti ossidati o ridotti: CO2, CH4 e H2O. Le molecole mineralizzate rilasciate dai microrganismi non rappresentano un rischio di eco-tossicità, poiché seguono i cicli biogeochimici degli elementi.
Autori: Giuseppe Miccione e Luigi Copia.
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