Guida galattica per batteri autostoppisti

L’uomo: un serbatoio di microrganismi

Il nostro corpo è un serbatoio di microrganismi. In un lavoro del 2016, Ron Milo e Ron Sender del Weizmann Institute of Science di Rehovot (Israele) e di Shai Fuchs dell’Hospital for Sick Children di Toronto (Canada), stimano che il rapporto tra batteri e cellule umane sia di 1:1, e che il numero di cellule batteriche per un uomo di 70 kg si aggiri intorno a diverse migliaia di miliardi (circa 3,8 · 1013 batteri).

In linea generale possiamo quindi affermare che dove ci sono persone, sono presenti batteri. Questa regola risulta valida anche negli strati più remoti dell’atmosfera terrestre, fino a raggiungere ambienti lontani centinaia di km dalla superficie della Terra, come ad esempio la Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

I microrganismi vivono anche nella Stazione Spaziale Internazionale

La Stazione Spaziale (figura 1) è un ambiente unico, caratterizzato da microgravità, radiazione spaziale, un elevato contenuto di anidride carbonica ed una presenza costante di personale a bordo. Una domanda alla quale stanno cercando di rispondere diversi team di scienziati, tra cui microbiologi, è la seguente: quali batteri sono presenti dove vivono e lavorano gli astronauti?

La conoscenza del microbioma della stazione spaziale potrebbe avere un ruolo chiave nella gestione della salute degli astronauti e la manutenzione delle strumentazioni.

stazione spaziale internazionale
Figura 1 – Stazione Spaziale Internazionale

Proprio per questi motivi, la NASA (National Aeronautics and Space Administration) ha indagato le comunità microbiche presenti sulla Stazione Spaziale Internazionale, al fine di verificare la presenza di patogeni per l’uomo, soprattutto in vista di futuri lunghi viaggi interplanetari.

Contaminazione microbica e protocolli di protezione planetaria

I microrganismi sono ubiquitari. Alcuni di loro inoltre, mostrano capacità estreme di sopravvivenza – un aspetto di notevole rilevanza per le implicazioni astrobiologiche, ma particolarmente delicato per quanto riguarda le missioni spaziali, considerando gli aspetti legati alla salute umana e il potenziale rischio di bio-contaminazione su altri pianeti.

La sterilità totale è pressoché impossibile. Nel 1967, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato il “Trattato sullo Spazio Esterno”, che stabilisce un quadro per la legge spaziale internazionale. Oltre ad altri principi, il trattato prevede l’adozione di rigorosi protocolli di protezione per qualsiasi missione inviata dalla Terra, al fine di evitare la bio-contaminazione dei corpi celesti.

La NASA in particolare ha fissato limiti rigorosi alla contaminazione interplanetaria. Linee guida di protezione stabiliscono dei limiti di contaminazione microbica sui sistemi di volo, permettendo un numero massimo di spore non superiore a 500.000, valore che corrisponde a circa un decimo della quantità di spore contenute in un cucchiaino di acqua di mare.

Ad ogni modo, queste regole dipendono dalla destinazione e missione di ciascun veicolo spaziale. Per i lander su Marte, Europa, Encelado e altri corpi celesti che potrebbero potenzialmente ospitare forme di vita, il limite è di 300.000 spore batteriche per veicolo spaziale e 300 spore per m2.

Batteri cosmonauti

L’idea che alcuni batteri riescano a sopravvivere anche nello spazio non ci deve sorprendere. Bacillus safensis, sembra aver trovato l’habitat ideale nell’ambiente caldo-umido, ricco di ossigeno e a gravità zero della Stazione Spaziale Internazionale. Già in passato è stata osservata la facilità con cui B. safensis si diffonde sulle sonde spaziali e negli hangar che le ospitano, e si sospetta che quest’ultimo possa essere saltato a bordo dei rover Spirit e Opportunity ed aver preso così, un passaggio per Marte.

Il fatto che microrganismi estremamente resistenticome B. subtilis (e soprattutto le loro spore) siano stati rilevati in strutture associate a veicoli spaziali desta notevole preoccupazione. Questi cyber-microrganismi potrebbero costituire una minaccia per la contaminazione di superfici extraterrestri, o ostacolare la ricerca della vita passata o presente su Marte. Di conseguenza, risulta di massima importanza ampliare le conoscenze riguardo alle modalità in cui i microrganismi riescono di resistere a condizioni ambientali estreme.

Batteri autostoppisti

Non è la prima volta che la stazione spaziale dichiara di aver trovato microrganismi all’esterno della ISS, ma tutti quelli rinvenuti finora hanno rivelato un’origine terrestre.

In una missione della ISS, i batteri hanno trovato un passaggio all’interno di tablet PC e altri materiali. Gli scienziati hanno inviato questi oggetti per vedere se e come sarebbero arrivati nello spazio. Ciò che è stato osservato è che questi batteri freeride sono riusciti a infiltrarsi all’esterno della stazione, rimanendovi per tre anni e sfidando le temperature che oscillano dai -150 ai 150 oC.

Nell’ambito dell’esperimento Test, cosmonauti russi hanno prelevato un totale di 19 tamponi dalla copertura esterna dell’ISS. Il risultato di questo studio ha mostrato la presenza di microrganismi di diversa provenienza, inclusi batteri planctonici marini e batteri del suolo tipici del Madagascar.

Per quanto riguarda il modo in cui microrganismi terrestri e marini trovino la loro strada per lo spazio, vari ipotesi suggeriscono che questi finiscano per fare l’autostop sulla ISS (tramite apparecchiature o veicolati dall’uomo) oppure salendo a bordo delle correnti ascensionali che trasportano particolato fino alla ionosfera.

Tutte queste scoperte fanno riflettere sull’impatto delle comunità microbiche nei delicati avamposti spaziali, ma anche sulla possibilità di contaminare con batteri terrestri i pianeti, comete o i satelliti.

Sequenziamenti direttamente dallo Spazio

Come parte della missione Genes in Space-3, gli astronauti della stazione spaziale hanno prelevato campioni dalle colonie cresciute sulla superficie esterna della stazione spaziale e hanno fatto crescere in cultura i batteri. Gli astronauti hanno quindi sequenziato con successo il DNA dei microrganismi trovati all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale, conseguendo un nuovo traguardo per la scienza: per la prima è stato possibile campionare e sequenziare il DNA batterico in microgravità, direttamente a bordo della ISS (figura 2).

sequenziamento dna batterico
Figura 2 – Sequenziamento del DNA batterico all’interno della Stazione Spaziale Internazionale

Attraverso tecniche di coltura tradizionali e sequenziamento dei geni gli scienziati hanno realizzato il più ampio e completo catalogo di microorganismi (batteri e funghi) presenti sulla Stazione Spaziale Internazionale, facendo emergere una ricca biodiversità. Esaminando campioni da un filtro dell’aria e un sacchetto per la polvere sottovuoto dalla stazione spaziale, i ricercatori hanno scoperto agenti patogeni batterici opportunistici che sono per lo più innocui sulla Terra, ma che possono portare a infezioni o irritazioni della pelle.

L’indagine, condotta sui campioni raccolti in tre diverse missioni nell’arco di 14 mesi, è stata coordinata da scienziati del Biotechnology and Planetary Protection Group presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA, che hanno collaborato con i colleghi dell’Università Statale di Washington, dell’Università di Houston, dell’Università della California di San Diego e dello Scripps Institute of Oceanography. I dettagli sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Microbiome.

Perché è importante studiare il microbioma spaziale?

Studiare la comunità microbica presente sulla stazione spaziale ci aiuta a capire meglio i batteri presenti, in modo da poter identificare specie che potrebbero potenzialmente danneggiare le attrezzature o arrecare danni alla salute degli astronauti. Tali indagini potrebbero inoltre aiutare a identificare le aree che necessitano di una pulizia più rigorosa.

I risultati di questo studio aiutano la NASA a stabilire una base per il monitoraggio della pulizia della stazione spaziale, che a sua volta aiuterà a gestire la salute degli astronauti in futuro.

Oltretutto, utilizzando queste nuove tecnologie di sequenziamento del DNA, i ricercatori potrebbero anche, in futuro, studiare come la microgravità influisce sui batteri. Il pensiero attuale è che la microgravità non è del tutto favorevole alla sopravvivenza batterica, ma che alcune specie in grado di resistere possono sviluppare una maggiore virulenza. Tale ricerca sarà importante per le missioni spaziali di lunga durata, come il viaggio della NASA su Marte.

Batteri nell’acqua spaziale della ISS

L’acqua potabile è risorsa preziosa sulla Terra, ma questo vale ancora di più per l’ISS. Fino all’80% dell’acqua sulla Stazione Spaziale Internazionale viene riciclata.

La stazione ha infatti un avanzato sistema di purificazione dell’acqua. Gli astronauti che vivono e lavorano a 400 km sopra il nostro pianeta bevono acqua che viene riciclata dal sudore e dal respiro raccolti come condensa sulle pareti della Stazione Spaziale (figura 3). Dopo la purificazione, il sistema produce acqua potabile che è persino più pulita dell’acqua nella maggior parte dei paesi del nostro pianeta.

L’astronauta canadese Chris Hadfield osserva una bolla d’acqua sospesa in aria, a bordo della Stazione spaziale internazionale, il 13 marzo 2013. (Nasa)
Figura 3 – L’astronauta Chris Hadfield osserva una goccia d’acqua sospesa a bordo della SSI. (Fonte: NASA)

Tuttavia, sono stati trovati batteri anche nei sistemi di approvvigionamento di acqua potabile della Stazione Spaziale Internazionale, ma ciò non rappresenta direttamente un problema per gli astronauti.

I ricercatori hanno identificato sei diverse specie batteriche, comuni dei sistemi di acqua potabile terrestre: Cupriavidus metallidurans, Chryseobacterium gleum, Ralstonia insidiosa, Ralstonia pickettii, Methylorubrum (Methylobacterium) populi e Sphingomonas paucimobilis. Dai seguentu studi è inoltre emerso che queste sei specie siano in grado di formare resistenti biofilm. L’unica specie che, alla rimozione, a volte causava il collasso del biofilm era il Chryseobacterium gleum.

Questi dati supportano un modello di interazioni di specie multiple per la formazione di biofilm.

Depurazione delle acque dallo spazio alla superficie terrestre

I ricercatori sostengono che le sei specie batteriche presenti nella ISS possano essere utilizzate come modello standard per la ricerca di biofilm nei sistemi di acqua potabile. L’importanza di tale scoperta è legata al fatto che queste sei specie sono innocue e che la conoscenza della formazione e della scomposizione di tali aggregazioni potrebbe essere utile per impedire a possibili agenti patogeni di attecchire nelle tubature dell’acqua, aiutando a migliorare i meccanismi di depurazione delle acque, nello spazio e sulla Terra. Questa scoperta dimostra, quindi, come la ricerca spaziale possa fornire ulteriori e preziose conoscenze, rivolte non solo ad ambienti ancora ignoti, ma anche ai luoghi più accessibili del nostro pianeta, come le tubature domestiche!

Riferimenti bibliografici

  • Azua-Bustos, Armando, et al. “Aeolian transport of viable microbial life across the Atacama Desert, Chile: Implications for Mars.” Scientific reports 9.1 (2019): 1-11.
  • Cortesão, Marta, et al. “Bacillus subtilis spore resistance to simulated Mars surface conditions.” Frontiers in microbiology 10 (2019): 333.
  • Sender, Ron, Shai Fuchs, and Ron Milo. “Revised estimates for the number of human and bacteria cells in the body.” PLoS biology 14.8 (2016): e1002533.
  • Sielaff, Aleksandra Checinska, et al. “Characterization of the total and viable bacterial and fungal communities associated with the International Space Station surfaces.” Microbiome 7.1 (2019): 50.
  • Thompson, Alex F., et al. “Characterizing species interactions that contribute to biofilm formation in a multispecies model of a potable water bacterial community.” Microbiology (2019): 849.
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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