Alla vigilia del prossimo equinozio di primavera sono in programma svariate giornate dedicate alla sensibilizzazione ambientale. Api, farfalle, coccinelle, passeri cittadini, sono al centro della nostra attenzione.
Il focus di ogni evento “verde” è il nostro diretto coinvolgimento nella salute del grande eco-sistema che ci contiene tutti: grandi e infinitesimali esseri viventi. Abitanti della stessa casa.
Prime vittime di forzature dei cicli naturali da parte delle produzioni umane, le api della specie Apis mellifera sono citate negli alerts di estinzione della comunità scientifica mondiale, almeno dagli anni ’90.
L’intensificazione dei ritmi di estrazione di beni alimentari e nutraceutici, nel campo dell’apicoltura, mina l’esistenza stessa di questi Imenotteri. E la nostra.
L’Apis mellifera ha un primato di criticità come insetto impollinatore, poichè è in grado, da solo, di garantire o negare all’intero mondo le pricipali fonti alimentari vegetali.
Negli ultimi 50 anni, l’agricoltura che dipende dall’impollinazione degli insetti è cresciuta del 300%, mentre il 90% delle piante e dei fiori selvatici dipende solo in parte da tale fecondazione.
Prodotti come miele e cera contribuiscono alla importanza economica delle api, supportando l’industria apistica con un giro d’affari per bilioni di dollari.
Colony Collapse Disorder e abbandono degli alveari
Nel 2006 negli Stati Uniti, che per primi hanno assistito alle morie di insetti, fu coniato il termine Colony Collapse Disorder (CCD) per indicare un fenomeno che consisteva nella sparizione in massa di intere colonie di api.
Gli insetti abbandonavano l’alveare senza lasciare traccia. Il complesso nido, inoltre, non veniva ricolonizzato da altri esemplari, ma lasciato inutilizzato come fosse infetto.
Entomologi guidati da Jerry Bromenshenk della Bee Alert Technology (Università del Montana), e di scienziati militari dell’Army’s Edgewood Chemical Biological Center, identificarono la causa di questo nefasto fenomeno.
I ricercatori ritennero che l’azione sinergica di un virus veicolato dall’acaro Varroa sp. e del fungo Nosema sp. fosse la spiegazione più plausibile per il progressivo spopolamento degli alveari.
Eppure, già nel 2008, si intuì che sia l’acaro Varroa sia le infestazioni fungine fossero, in realtà, solo le cause ultime del problema, come descritto nell’articolo su Terranauta.it.
Sebbene non si pensasse ad un’azione combinata dei due fattori, si sapeva che un’alimentazione sbagliata con piante geneticamente modificate (OGM), insieme ad arnie sovrasfruttate, provocassero squilibri.
Soprattutto, però, l’uso indiscriminato di antiparassitari, si è mostrato responsabile diretto di alterazioni nel sistema immunitario ed intestinale delle api, rendendole più soggette ad infestazioni da virus e funghi.
Disbiosi ed estinzione delle api
Ogni essere vivente che possieda un apparato digerente è colonizzato da ceppi di microrganismi che ne compongono una sorta di “patrimonio biologico” da tramandare alle successive generazioni.
Una flora batterica intestinale più o meno complessa, pur influenzata in composizione da fattori ambientali, dieta, stress ed esposizione ad antibiotici, è generalmente stabile, ben definita e specie-specifica.
Microbiologia comparata uomo-api
L’insieme dei batteri che formano la “vita” intestinale di un animale è definita microbiota ed è formata da un numero più o meno determinato di specie batteriche predominanti.
Il microbiota intestinale dell’ uomo, come di tutte le specie fino ad oggi studiate – dai topi agli insetti -, è stato per anni un vero e proprio organo “dimenticato”.
Tuttavia, parallelamente all’attività di ricerca e di studio sull’argomento, PubMed segnala un aumento esponenziale delle pubblicazioni sull’argomento negli ultimi 10 anni.
Modulazione delle comunità microbiche intestinali
Oggi sappiamo che un microbiota ricco ed eterogeneo abita in maniera diffusa il nostro organismo e che la componente intestinale, per quanto prioritaria, non è certamente l’unica.
L’importanza centrale dei microrganismi intestinali, nel corretto funzionamento del nostro organismo, è confermata dal crescente interesse per procedure sperimentali di trapianto del microbiota.
Ad oggi sono stati documentati risultati di estremo interesse nel controllo di alcune patologie intestinali causate da Clostridium difficile.
Seppure a livello preliminare, il reimpianto ex-novo di selezionati ceppi microbici risulta efficace anche nel controllo di altre patologie infiammatorie intestinali.
Altrettanto interessante si sta rivelando la possibilità – già ampiamente accertata – di intervenire sulla composizione microbica intestinale mediante somministrazione orale di ceppi batterici selezionati, detti probiotici.
In associazione o in alternativa alla introduzione di ceppi probiotici, la regolazione del microbiota intestinale umano può ottenersi mediante assunzione di opportuni carboidrati, non digeribili per il nostro organismo.
Questi ultimi, attaccabili solo dagli enzimi amido-litici del microbiota intestinale, detti quindi prebiotici, subiranno modificazioni della propria struttura chimica e garantiranno un buono stato di salute dell’ospite.
Biodiversità specie-specifica ed individuale
Benché il profilo batterico intestinale sia differente da individuo a individuo, le 160 specie di microrganismi non patogeni dell’intestino umano, possono essere riassunte in 5 tipi microbici: Firmicutes, Bacteroides, Actinobacteria, Proteobacteria e Fusobacteria.
I Firmicutes, rappresentati soprattutto da Clostridi e Bacteroides, sono i tipi microbici maggiormente presenti nell’organismo adulto: il 90% del microbiota intestinale umano (Capurso, 2016).
La distribuzione è radicalmente diversa nell’intestino del bambino, nel quale gli Actinobacteria, e in particolare i Bifidobatteri, sono i ceppi più numerosi.
Il microbiota dell’adulto si è dimostrato più complesso in termini di molteplicità di specie batteriche, rispetto a quello dei bambini.
La composizione del microbiota, infine, torna ad essere meno variabile passando dall’età adulta all’età geriatrica.
Microbiota nelle api: modello-base
Come i mammiferi, le api da miele (Apis mellifera) ospitano un microbiota intestinale altamente specializzato.
A differenza dei mammiferi, però, il microbiota di Ap. mellifera è al tempo stesso sorprendentemente semplice e consistente, con 7 specie totali.
Questo microbiota è composto da quattro Proteobacteria (G. apicola, S. alvi, F. perrara e B. apis), nell’ileo o intestino superiore; due Firmicutes (Lb. spp., Firm-4 e Firm-5) e un Actinobacterium (B. asteroides), nell’intestino retto.
Queste posizioni specifiche suggeriscono che i batteri occupano diverse nicchie metaboliche nell’intestino delle api e che sono coinvolti in interazioni sintrofiche precise.
Le attività metaboliche del microbiota dell’ape sono fondamentali per le interazioni simbiotiche nell’intestino e influenzano lo stato di salute dell’ospite in svariati modi.
Interferenze ambientali di sottili equilibri
Studi recenti hanno dimostrato che il microbioma dell’ape ha, per esempio, un ruolo centrale nella regolazione del metabolismo, nella funzione immunitaria, nella crescita e sviluppo e nella protezione contro i patogeni, per l’insetto stesso.
Nello specifico, i batteri intestinali facilitano la disgregazione di composti alimentari refrattari o tossici, producono metaboliti che promuovono la crescita e la fisiologia dell’ospite e modulano le funzioni immunitarie dell’intestino così come di altri tessuti.
Inoltre l’attività metabolica è alla base della produzione di energia e biomassa, con conseguente crescita batterica e occupazione di nicchie ecologiche che conferiscono resistenza contro i microbi patogeni.
Per tutte queste premesse, non sorprende che la perturbazione o distruzione del microbiota intestinale abbia effetti deleteri sulla salute delle api.
In virtù del ruolo cardine giocato dal microbiota, è verosimile che l’aumento della mortalità delle api riscontrato negli ultimi anni, possa essere dovuto a squilibri della composizione del loro microbiota.
Dove c’è interesse c’è scienza
L’enorme rischio che pende sulle nostre teste, insieme ai più pressanti interessi economici dell’economia agricola mondiale, stanno spingendo gruppi di ricerca ad un approfondimento sulle limitate conoscenze nel campo della microbiologia apistica.
In particolare, lo studio condotto da S. Romero e colleghi mira a chiarire metodi e linee-guida utilizzate nello studio del microbiota delle api da miele e specie affini.
Metodi genetici di analisi del microbiota apiario
Gli approcci scientifici attuali per determinare la classificazione microbica in Apis mellifera sono principalmente genomici, cioè basati sulla determinazione di una precisa sequenza di DNA per ogni specifico tipo di organismo.
I metodi più tipici coinvolgono l’isolamento del DNA da un campione microbico ambientale, seguito dal sequenziamento dell’intero patrimonio genetico dell’individuo, di specifici geni o di regioni specifiche di DNA.
Tecniche colturali correlate alle indagini genetiche
A seconda della fonte del campione microbico, gli approcci genomici possono essere classificati in coltura-dipendenti e coltura-indipendenti.
I metodi coltura-indipendenti sono raccomandati per l’identificazione iniziale delle tipologie microbiche, poichè molte specie non sono facilmente sottoponibili a coltura cellulare.
Le tecniche colturali si concentrano, invece, sull’arricchimento del terreno di coltura con un componente, preventivamente determinato, che gli organismi possano usare.
Questo elemento fungerà da marker, consentendo così una precisa caratterizzazione.
Valutazione delle “comunità” nel microbiota delle api
Comprendere, poi, come il microbiota funzioni al suo interno, come una vera e propria “comunità”, aiuta a predire come quella comunità di organismi reagirà ad un cambiamento ambientale.
E come, quel cambiamento, influenzerà la vita dell’ospite.
Tuttavia, analizzare i componenti del microbiota separatamente può essere diffcile proprio perchè le intricate relazioni tra microrganismi rendono complicata la modifica di un singolo componente senza influenzare gli altri.
Un indicatore potenziale della relazione tra due o più specie batteriche è la correlazione tra le loro rispettive localizzazioni nel lume intestinale.
L’influenza dovuta alla presenza o all’assenza di una specie batterica, nella sede di un’altra, suggerisce sicure relazioni simbiotiche.
Antibiotici e probiotici: effetti sull’intestino delle api
Antibiotici e probiotici possono avere effetti funzionali sull’ospite, l’ape, alterando le specie presenti nel microbiota.
Esiste anche una evidenza per la quale gli antibiotici potrebbero selettivamente indurre eliminazione di alcune specie microbiche più di altre, portando a cambiamenti della composizione microbica intestinale dell’ape.
Uno studio del 2017 condotto da Li e colleghi scoprì che le api mellifere con microbiota eliminato mediante antibiotici fossero più suscetibili ad infezione da Nosema ceranae (organismo patogeno).
Lo studio suggerì che la protezione da N. ceranae conferita dai microbi intestinali fosse dovuta ad immunostimolazione più che ad antagonismo diretto tra parassita e microbiota nativo (originario).
Sugli effetti dei probiotici, invece, esistono solo studi preliminari.
E’ stato tuttavia accertato che la composizione del microbiota di Apis mellifera possa essere influenzata dalla introduzione di ceppi e specie compatibili.
I probiotici, principalmente del genere Lactobacillus e Bacillus, isolati da intestino di Ap. mellifera e da prodotti probiotici umani, hanno incrementato la produzione di miele e stimolato il sistema immunitario.
Nel complesso è migliorata la resistenza delle api a varie patologie.
Competenze metaboliche acquisite da un buon microbiota apiario
I benefici nutrizionali conferiti dal microbiota alle api che lo ospitano includono degradazione di pectina e lignina.
La disgregazione di questi due principali costituenti della parete cellulare dei granuli di polline consente alle proteine del polline di divenire assorbibili dai fortunati insetti.
Molti altri enzimi, come cellulasi, emicellulasi, glicosidasi, possono invece consentire alle api di utilizzare meglio l’energia contenuta nei componenti dalla loro dieta.
I prodotti del metabolismo dal microbiota, come gli acidi grassi a catena corta, possono fungere da fonti energetiche e da composti neuroattivi, in grado di influenzare il comportamento e le funzioni cerebrali degli insetti.
Quindi, sane funzioni metaboliche del microbiota concorrono ad un benefico esito sul corpo delle api e sull’aumento di peso del loro intestino.
Nelle api con microbiota equilibrato, si è riscontrata una migliore sensibilità al saccarosio.
Ulteriore segno di salute degli insetti è risultato l’aumento nella produzione di prostaglandine (mediatori infiammatori) e di vitellogenina (stimolante il sistema immunitario e ormonale dell’ape).
“Il buon senso evita il sentiero dell’errore”
Un approfondimento conoscitivo sul microbiota di api da miele occidentali, come di specie impollinatrici strettamente correlate, cioè Apis cerana e Bombus terrestris, è una direzione di ricerca con benefiche prospettive.
Il più urgente obiettivo dello studio citato sulle api da miele, consiste nella possibilità di sviluppare tecniche integrative utili a scongiurare il rischio di estinzione globale.
Similitudini tra microbiota intestinale di Ap. mellifera e microbiota umano estistono, soprattutto nelle influenze da “interazioni sociali” che si stabiliscono nella comunità microbica.
In entrambe le popolazioni batteriche intestinali, inoltre, emerge una notevole sensibilità degli organismi microbici alla immunomodulazione, sia nell’uomo che negli insetti.
Però, la relativa semplicità del microbiota di Ap. mellifera lo elegge a sistema più accessibile, rispetto a quello umano, nello studio di parallelismi tra comunità microbiche.
L’esistenza, inoltre, di limiti etici nella sperimantazione umana ha finora frenato specifici studi che avrebbero richiesto particolari restrizioni dietetiche.
Per le chiare similitudini tra i due tipi di microbiota, studi sperimentali correlati all’uomo potranno essere facilmente condotti sulle comunità microbiche intestinali di Apis mellifera.
Se impareremo a rispettare e preservare l’esistenza delle altre specie viventi, su questo affollato pianeta.
“Nella lunga storia del genere umano (e anche del genere animale) hanno prevalso coloro che hanno imparato a collaborare ed a improvvisare con più efficacia.“
Charles Robert Darwin
Referenze bibliografiche
- https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/imb.12567
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