Antibiotici: dal passato una risposta per il futuro!

Introduzione

Il problema, in continua crescita, dell’antibiotico-resistenza sta diventando sempre più una minaccia significativa per la salute umana. Questo perché gli antibiotici non ci aiutano soltanto a trattare le differenti infezioni di natura batterica, ma sono anche importanti nel caso di operazioni chirurgiche o altri trattamenti che espongono il soggetto ad una elevata probabilità di infezione.

La principale causa di antibiotico-resistenza è sicuramente l’uso smodato di antibiotici che non tiene conto della elevata capacità di evoluzione dei batteri. Ma non è sempre così: un primo caso di antibiotico-resistenza, infatti, è stato riscontrato nel 1940. Si trattava di una resistenza alle penicilline sviluppata da alcuni batteri, nonostante all’epoca questi antibiotici non fossero largamente utilizzati.

Questa premessa evidenzia, quindi, come gli antibiotici non possano essere considerati come una soluzione permanente, ma soltanto come un ulteriore passo nella lotta contro l’infezione.

Antibiotici e batteri: una relazione difficile!

Sono molteplici i fattori alla base del difficile rapporto tra antibiotici e batteri: tra i fattori più importanti vi sono, senza dubbio, la formazione di biofilm e il quorum sensing.

Il primo (Figura 1), associato ad infezioni croniche, è caratterizzato da una miscela extracellulare di polisaccaridi e proteine che proteggono le colonie batteriche da antibiotici e sistema immunitario. Inoltre, i biofilm possono attaccarsi alle superfici, rappresentando un problema per gli impianti medici.

Figura 1: Esempio di biofilm batterico

Il secondo è un sistema di comunicazione cellula-cellula, mediante il quale i batteri secernono segnali chimici e tossine, o mostrano elevata attività patogena, in relazione alla densità di popolazione.

Ad oggi, utilizzare inibitori del quorum sensing o del biofilm non porta ad uccisione direttamente i batteri, ma sembra essere l’unica risposta efficace per aumentarne la vulnerabilità, principalmente nel caso di batteri multi-resistenti.

Una risposta dal passato

Una possibile soluzione a questo problema viene dal passato dai tempi della guerra civile americana (1861-1865). In quel periodo non erano sicuramente ancora presenti gli antibiotici moderni e anche reperire farmaci convenzionali risultava difficile.

Per eradicare le infezioni da ferite nei soldati si poteva utilizzare solamente quello che la natura metteva a disposizione: in un primo momento venivano utilizzati aglio e cipolle, che contenevano al loro interno agenti antimicrobici come ajoene e allicina, che avevano un impatto sul quorum sensing e sul biofilm tale da impedire il dilagare dell’infezione a partire da gravi bruciature.

Il grande contributo del botanico Francis Porcher

Queste prime scoperte hanno spinto la Confederazione (l’unione dei sette stati che avevano dichiarato la propria secessione dagli Stati Uniti d’America dell’epoca) ad incaricare il botanico Francis Porcher di trovare e catalogare le piante degli Stati Uniti sud-orientali che avrebbero potuto essere utilizzate come alternativa ai medicinali dell’epoca (come il chinino, utilizzato per trattare la malaria, la morfina e il cloroformio, per alleviare il dolore).

Le sue ricerche lo portarono alla pubblicazione di un libro (Figura 2) contenente ben 37 specie vegetali da utilizzare, come antisettici, per il trattamento della gangrena e di altre infezioni.

Libro scritto da Francis Porcher sugli antibiotici
Figura 2: Il libro scritto da Francis Porcher

Lo studio

La straordinaria efficacia dei prodotti naturali nella lotta contro le infezioni sta nel fatto che questi producono una grande varietà di metaboliti secondari che vanno ad inibire la crescita e/o la funzione di molti batteri.

Da ciò è partito lo studio, condotto dai ricercatori della Emory University, che ha voluto utilizzare il libro compilato da Porcher come punto di partenza per testare la potenziale efficacia delle piante descritte contro alcuni batteri multi-resistenti dei giorni nostri.

Le tre specie di piante utilizzate sono state: la quercia bianca (Quercus alba), un arbusto legnoso comunemente noto come “bastone del diavolo” (Aralia spinosa) e l’albero dei tulipani (Liriodendron tulipifera). Gli estratti di queste piante sono stati trattati secondo le indicazioni riportate dallo stesso Porcher nel suo libro e sono stati testati su tre batteri multi-resistenti associati alle infezioni da ferite. Questi batteri sono:

Acinetobacter baumanii, anche noto come “Iraqbacter” per la sua associazione con le ferite da combattimento riportate dai soldati di ritorno dall’Iraq;

Staphylococcus aureus, probabilmente il più pericoloso tra i batteri del genere Staphylococcus, che può diffondersi a partire da infezioni cutanee o da dispositivi medici e da qui promuovere l’infezione in altri organi;

Klebsiella pneumoniae, una delle principali cause di infezioni ospedaliere, che può provocare polmonite potenzialmente mortale e shock settico.

Risultati

I test di laboratorio sulle tre piante “medicinali” hanno dimostrato come gli estratti dalla quercia bianca e dall’albero dei tulipani bloccassero la crescita di S. aureus, e gli estratti di quercia bianca inibivano anche la crescita di A. baumannii e K. pneumoniae. Inoltre, gli estratti di entrambe le piante hanno anche bloccato la formazione del biofilm in S. aureus. Gli estratti dal bastone del diavolo hanno inibito sia la formazione di biofilm che il quorum sensing in S. aureus.

Questi risultati sembrano essere una ulteriore conferma dell’utilizzo delle piante medicinali individuate da Porcher durante gli anni della guerra civile americana e potrebbero rappresentare una speranza anche per il futuro.

Gli autori dello studio, infatti, ritengono che questi estratti con queste elevate potenzialità possano essere in futuro testati come coadiuvanti di antibiotici già esistenti e approvati dalla FDA (Food and Drug Administration, l’ente americano che si occupa della regolamentazione di prodotti alimentari e farmaceutici), al fine di potenziare l’attività antibatterica nelle infezioni da ferite.

Oltre questo, si potrebbe pensare di testare le altre piante descritte da Porcher nel suo libro, alla ricerca di altre proprietà naturali con proprietà antibatterica.

Emanuela Pasculli

Fonti:

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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