Caratteristiche di Aeromonas hydrophila
Il batterio Aeromonas hydrophila è un bacillo diritto o ricurvo, Gram-negativo (Fig. 1), capsulato, asporigeno, aerobio anaerobio facoltativo, mobile per flagelli, catalasi e ossidasi positivo. Questo microorganismo si trova specialmente nelle regioni temperate e può essere individuato di frequente in svariati ambienti acquatici (mari, fiumi, laghi, torrenti, sorgenti), nel suolo, nelle piscine, nelle acque dei rubinetti e negli scarichi fognari. La sua temperatura di crescita ottimale è 28° C, tollera le basse temperature, infatti riesce a sopravvivere al di sotto dei 4° C.
Batterio patogeno
Raffigura un patogeno comune dei pesci e degli anfibi, ma può infettare anche altre specie animali, inclusi i rettili, le chiocciole, le mucche e l’essere umano. In quest’ultimo è responsabile di patologie intestinali e infezioni delle ferite e dei tessuti profondi, con o senza batteriemia. Negli individui immunodepressi (in particolare affetti da malattie ematologiche e cirrosi epatica) può anche indurre infezioni con un alto tasso di mortalità. Non a caso è inserito tra i microorganismi opportunisti.
La specie più conosciuta del genere Aeromonas
A. hydrophila rappresenta la specie meglio conosciuta delle quattro appartenenti a questo genere e aventi un significato clinico rilevante (le altre tre sono A. veronii, A. caviae, A. dhakensis). In aggiunta a ciò, si differenzia da altri batteri enteropatogeni per la sua resistenza al cloro che, come ben sappiamo, viene largamente impiegato per uccidere in maniera efficace un’ampia varietà di patogeni trasmessi tramite l’acqua come Salmonella typhi, Escherichia Coli e Vibrio cholera. Per questo motivo l’A. hydrophila è considerato un potenziale rischio per la salute pubblica, e le sostanze che riescono ad ucciderlo sono ipoclorito di sodio al 1% o ipoclorito di calcio al 2%.
Isolamento
È importante sottolineare che i batteri del genere Aeromonas sono stati isolati da una vasta gamma di alimenti, compresi vegetali, latte non pastorizzato, gelati, carne, pesce e frutti di mare. Dal punto di vista biochimico, A. hydrophila possiede molteplici proprietà, tra cui la fermentazione del glucosio, del mannitolo, del sucrosio e del trealosio. Oltre a ciò, riduce i nitrati a nitriti, produce l’idrogeno solforato e l’indolo (un composto eterociclico, sottoprodotto della digestione del triptofano), idrolizza l’esculina (un glucoside che si estrae dalla corteccia dell’ippocastano), esprime enzimi come l’elastasi, la lisina decarbossilasi, l’arginina deidrolasi, la pectinasi e la fenilalanina deaminasi.
Filogenesi
Dominio Prokaryota
Regno Bacteria
Phylum Proteobacteria
Classe Gammaproteobacteria
Ordine Aeromonadales
Famiglia Aeromanadaceae
Genere Aeromonas
Specie A. hydrophila
Morfologia delle colonie di Aeromonas hydrophila
A. hydrophila è in grado di crescere su diversi mezzi di coltura, nei quali le colonie si mostrano rotonde, lisce, convesse, e cambiano il colore a seconda del tipo di terreno; per esempio, sul Tryptic Soy Agar (TSA) sono bianco-giallastre, opache e semi-traslucide (Fig. 2), mentre sull’agar sangue si presentano grigio-verdastre o bianche, circondate da un alone di beta-emolisi (Fig. 3).
Sul Bile Esculin Agar (BEA) appaiono nere, e ciò è dovuto alla scissione dell’esculina in glucosio ed esculetina; quest’ultima interagisce con gli ioni ferrici derivanti dal citrato ferrico contenuto nel terreno inducendo la precipitazione di un complesso nero. Sul Thiosulfate Citrate Bile Sucrose (TCBS) agar le colonie acquisiscono un pigmento giallo acceso grazie alla fermentazione del sucrosio, con conseguente acidificazione del terreno che fa virare al giallo il blu di bromotimolo (indicatore di pH) (Fig. 4).
Patogenesi di Aeromonas hydrophila
A. hydrophila è largamente distribuito negli animali e nell’ambiente, le varie patologie che può provocare nell’essere umano sono gastroenteriti (previa ingestione di pesci infetti crudi o acqua contaminata), infezioni delle ferite che possono evolvere in fascite necrotizzante (se si viene a contatto con acqua contaminata o se si manipolano pesci infetti a mani nude), e sepsi.
Le gastroenteriti colpiscono soprattutto i bambini e le persone con alterazioni del sistema immunitario, e sono classificate in due tipologie: la prima si manifesta con diarrea e sintomi simili al colera, la seconda è caratterizzata da dissenteria, un’infiammazione abnorme dell’apparato gastroenterico distinta da febbre, dolori addominali, feci ematiche e purulente. La patologia intestinale è connessa con il rilascio dell’aerolisina, un’enterotossina citotossica che si lega alle cellule e si aggrega per formare dei pori sulla membrana. Ciò comporta l’alterazione della permeabilità e la lisi osmotica.
Studi effettuati su bambini australiani affetti da diarrea rivelarono specie di Aeromonas nel 10% dei pazienti; l’infezione si verifica con maggiore frequenza nei bambini che hanno meno di due anni. Al Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, circa il 50% dei pazienti risultati positivi ad Aeromonas nei campioni di feci aveva meno di tre mesi. Tra l’altro, le infezioni da Aeromonas sono stagionali, e avvengono specialmente durante i mesi estivi.
Fascite necrotizzante
Per quanto concerne la fascite necrotizzante, si tratta di un’infezione profonda che interessa i tessuti sottocutanei, ovvero la componente molle del tessuto connettivo, il grasso e i muscoli, e che si distribuisce sul piano fasciale. I primi sintomi sono eritema, seguito da gonfiore. La cute può diventare di colore bluastro o violaceo, dipoi si formano delle vesciche, i tessuti profondi vanno incontro a necrosi e sprigionano un odore di decomposizione. A questo stadio è fondamentale intervenire chirurgicamente, altrimenti i pazienti possono andare incontro a shock settico con conseguente collasso sistemico e morte.
NF2 e NF1
Secondo un articolo del 2019, pubblicato su Proceedings of National Academy of Sciences of the United States of America, affinché l’infezione avvenga è necessaria la presenza di due ceppi differenti di A. hydrophila, ossia NF2 e NF1. Il primo esprime l’esotossina A (ExoA), attraverso cui il batterio riesce a trapassare il tessuto muscolare e ad entrare nel torrente ematico, mentre il secondo sfrutta il meccanismo di NF2 per migrare nel circolo sanguigno, e rilascia l’effettore TseC del sistema di secrezione di tipo 6 (TSS6), che uccide NF2.
Sepsi
Proseguiamo con la sepsi, senza però abbandonare completamente la patologia precedente; innanzitutto bisogna evidenziare che A. hydrophila può indurre una sepsi che ricorda l’infezione da Vibrio vulnificus, un batterio Gram-negativo abbondante nei fondali marini, un altro agente eziologico della fascite necrotizzante.
Il caso avvenuto in Corea
A proposito di tale somiglianza, riportiamo un caso avvenuto in Corea, descritto in uno studio pubblicato su Annals of Dermatology nel 2011, riguardante una donna alcolista di 68 anni. Il giorno in cui la signora era arrivata al pronto soccorso, manifestava lesioni bollose e necrotiche sulla cute cianotica del braccio destro (Fig. 5A), e aveva la sclera leggermente itterica.
Cosa successe?
La mattina dello stesso giorno venne colpita da un dolore forte ed improvviso alla parte superiore dell’estremità destra, e nelle sette ore seguenti sviluppò un edema eritematoso e doloroso con vescicole; queste progredirono poi in bolle emorragiche ed ecchimosi. Mentre veniva trasferita da una clinica privata all’ospedale, entrò in uno stato comatoso, aveva le pupille dilatate e la pressione molto bassa; era in uno stato di arresto cardiopolmonare. Dopo circa trenta minuti di rianimazione cardiopolmonare e trattamento per lo shock, i suoi segni vitali si stabilizzarono. In seguito i medici iniziarono l’iniezione intravenosa di ampicillina e cefalosporina. Tuttavia, morì un’ora dopo la somministrazione degli antibiotici.
L’esame del sangue
All’esame del sangue presentava una conta leucocitaria di 4000/μl, 12,8 mg/dl di emoglobina e 350000 piastrine/μl; le analisi di chimica clinica riportarono alti livelli di fosfatasi alcalina, aspartato amminotrasferasi e alanina amminotrasferasi, e bassa concentrazione delle proteine totali. Le colture ottenute dal sangue e dal liquido contenute nelle bolle risultarono positive ad A. hydrophila. Venne eseguita anche una biopsia delle vescicole cutanee, che mostrò una vescicola sottoepidermica, necrosi dell’epidermide, del derma papillare e del grasso sottocutaneo, ed emorragia massiva nel tessuto sottocutaneo (Fig. 5B).
Patologie negli anfibi
Riguardo alle patologie degli anfibi c’è da rimarcare che i batteri del genere Aeromonas raffigurano dei commensali del tratto intestinale delle rane in salute. Tuttavia, diverse condizioni possono condurre all’immunosoppressione e predispongono alla colonizzazione da parte di questi batteri, i quali invadono la cute e le viscere di rane e salamandre, provocando una malattia acuta o cronica. Nell’infezione acuta i segni sono petecchie e ulcerazione della cute e sono visibili specialmente su zampe e addome (Fig. 6), letargia, anoressia, edema e infiammazione oculare e perioculare. L’infezione cronica insorge con asciti e sintomi neurologici.
L’esame istologico delle lesioni ulcerative mette in risalto la presenza apoptosi multifocale, necrosi delle cellule dell’epidermide e fibrosi superficiale del derma nelle zone della pelle adiacenti alle ulcere (Fig. 7).
Le malattie nei pesci
Esponiamo ora le malattie dei pesci, nei quali A. hydrophila induce setticemia emorragica, gonfiore addominale, ulcere, bocca arrossata, imputridimento della coda e delle pinne. In uno studio del 2016, pubblicato su International Journal of Fisheries and Acquatic Studies, i ricercatori descrissero un’infezione da A. hydrophila su un pesce d’acqua dolce, il pangasio (Pangasianodon hypophthalmus). I modelli ittici impiegati nello studio presentavano i seguenti sintomi: edema periorbitale, opacità cornea, esoftalmia bilaterale (sporgenza patologica dei bulbi oculari) con arrossamento intorno agli occhi e alla bocca (Fig. 8A), ulcere emorragiche alla base delle pinne (Fig. 8B), gonfiore ed emorragia al livello del fegato, della milza e dei reni (Fig. 8C).
Malattie nelle scimmie
Per concludere questa parte, facciamo un accenno ai casi di malattie da A. hydrophila che colpiscono sporadicamente le scimmie, in particolare quelle del Nuovo Mondo; un’infezione da parte di questo batterio venne diagnosticata in un saguino (una scimmia che vive in America Centrale e Meridionale) affetto da peritonite. Il primate aveva una storia di calo ponderale cronico e diarrea intermittente, e presentava debolezza e gonfiore addominale. Un’analisi del sangue rivelò anemia, trombocitopenia e una conta alterata dei neutrofili. All’autopsia fu recuperato un liquido torbido e ambrato dal torace e dall’addome, e furono osservate peritonite fibrinosa e perforazione del colon (la scimmia aveva un adenocarcinoma metastatico del colon), da cui fu isolato A. hydrophila.
Fattori di virulenza
L’A. hydrophila possiede una notevole quantità di fattori di virulenza (alcuni già accennati in precedenza), che sono alla base dell’infettività. Tra questi abbiamo:
- Il sistema di secrezione di tipo 2 (T2SS), che è implicato nel rilascio extracellulare di una vasta gamma di fattori di virulenza, in cui sono incluse l’aerolisina, le amilasi, le DNasi e le proteasi;
- Il sistema di secrezione di tipo 3 (T3SS), che funziona come un ago molecolare iniettando delle tossine nelle cellule. Uno degli effettori appartenenti a questo sistema è AexU, che stimola la morte cellulare programmata (apoptosi) attivando la caspasi 3, altera diverse funzioni cellulari deputate a eliminare i patogeni (come la chemotassi e la fagocitosi) distruggendo il citoscheletro di actina, interferisce con la via di segnalazione di NF-kB (nuclear factor kappa-light-chain-enhancer of activated B cells) con conseguente riduzione della secrezione di citochine pro-infiammatorie come l’interleuchina 6, l’interleuchina 8 e l’interleuchina 1β. In aggiunta a ciò, come si è visto nei modelli murini, questa molecola è responsabile dell’infiammazione nell’interstizio polmonare, della necrosi alla milza e al fegato;
- Il sistema di secrezione di tipo 6 (T6SS), che, similmente al precedente, agisce come la coda di un batteriofago, ovvero inoculando nelle cellule dei fattori di virulenza. Ciò avviene tramite una proteina G con sequenze ripetute di valina e glicina (VrgG) e una proteina co-regolata dall’emolisina (Hcp); quest’ultima forma dei pori sulla membrana plasmatica;
- La formazione del biofilm, un substrato mucopolisaccaridico che permette ai batteri di aderire a superfici e proteggersi da agenti antimicrobici e dal sistema immunitario dell’ospite. L’abilità di creare il biofilm è connessa con la glicosilazione (aggiunta di gruppi glucidici) del flagelli;
- Flagelli: l’A. hydrophila presenta dei flagelli laterali, che servono per i movimenti sulle superfici o su mezzi semisolidi, e i flagelli polari, che consentono gli spostamenti in sospensione, fondamentali per la genesi del biofilm e per l’adesione. Uno studio pubblicato su Journal of Bacteriology (2006), effettuato su ceppi di A. hydrophila mutanti di specifici geni coinvolti nella sintesi dei flagelli (flhAL, lafK, fliJL, flgNL, flgEL e maf-5) ha evidenziato che la mutazione di tali geni comporta la perdita dei flagelli laterali, la diminuzione dell’aderenza e della generazione del biofilm, ma non influenza la produzione dei flagelli polari;
- La capsula polisaccaridica, che permette di evadere dalla fagocitosi, incrementa la resistenza al sistema del complemento e l’aderenza;
- Gli antigeni O, che sono parte integrante dei lipopolisaccaridi della membrana e agiscono come fattori di colonizzazione. Secondo un lavoro pubblicato su Microbial Pathogenesis nel 1996, ceppi di A. hydrophila con un deficit nell’antigene O non riescono a colonizzare l’organismo ospite ed hanno un’espressione ridotta dei componenti di T3SS;
- Le emolisine, che sono delle proteine che promuovono la distruzione diretta o indiretta delle cellule mediante lisi e che nella patogenesi dell’A. hydrophila giocano un ruolo centrale. La più abbondante è l’emolisina extracellulare termolabile (Ahh1), che possiede il maggiore potere citotossico quando agisce in sinergia con l’Aerolisina A (AerA);
- Enzimi degradativi come la collagenasi, l’elastasi, le lipasi, le metalloproteasi, le serina proteasi e l’enolasi. Questi che cooperano alla virulenza, dal momento che consentono al batterio di distruggere i tessuti connettivi e aumentare l’invasività.
Metodi di identificazione
La ricerca dell’A. hydrophila si basa sull’impiego di molteplici metodiche, cioè l’osservazione microscopica dopo la colorazione di Gram, l’esame colturale su vari terreni (come quelli accennati nella parte sulle caratteristiche delle colonie), le prove biochimiche e le analisi molecolari. Focalizzandoci sulle ultime due, tra gli esami biochimici abbiamo il test della produzione di idrogeno solforato (H₂S), il test dell’indolo, il test della bile-esculina, il test del glucosio ossidativo/fermentativo e il test della riduzione dei nitrati.
Esami molecolari
Per quanto concerne gli esami molecolari, quello che viene utilizzato è la reazione a catena della DNA polimerasi (PCR). In un articolo pubblicato su Iranian Journal of Fisheries Sciences nel 2020, gli scienziati isolarono l’A. hydrophila da campioni provenienti da pesci infetti e dall’acqua in cui questi erano stati tenuti. Dopo aver ottenuto le colonie batteriche, i ricercatori estrassero il DNA ed eseguirono l’amplificazione del gene codificante l’RNA ribosomiale 16S (16S rRNA) usando gli oligonucleotidi 27F (AGA GTT TGA TCC TGG CTC AG) e 1492R (CGG TTA CCT TGT TAC GAC TT), ottenendo una sequenza di 1500 paia di basi (bp) (Fig. 9). In seguito proseguirono con il sequenziamento e l’analisi filogenetica mediante l’allineamento di diverse sequenze 16S rRNA di Aeromonas contenute nel database NCBI GenBank (Fig. 10).
Terapia e prevenzione
Il regime terapeutico appropriato per le infezioni da A. hydrophila si fonsa sull’utilizzo di antibiotici specifici in base al tipo di patologia:
- Per le gastroenteriti si ricorre ai fluorochinoloni oppure a trimetoprim e sulfametossazolo;
- Per la fascite necrotizzante i farmaci richiesti sono cefalosporine di terza o quarta generazione, accoppiate con tetraciclina o gentamicina. In alcuni casi si effettua anche la rimozione chirurgica dei tessuti necrotici, o addirittura l’amputazione dell’arto colpito;
- Per la batteriemia si impiegano le cefalosporine di terza o quarta generazione, l’aztreonam e i fluorochinoloni.
A causa della presenza geni codificanti per gli enzimi beta-lattamasi presenti nel genoma del batterio, l’A. hydrophila espone una resistenza a uno spettro esteso di antibiotici beta-lattamici come penicilline, cefalosporine di prima generazione, monobattami e carbapenemici. Gli enzimi prodotti sono di tre differenti classi, ossia una classe C cefalosporinasi, una classe D penicillinasi e una classe B metallo beta-lattamasi.
Misure preventive
Le misure preventive basilari consistono nell’evitare l’ingestione di pesci crudi o poco cotti e acqua potenzialmente contaminata, maneggiare i pesci crudi con i guanti, e non entrare in contatto diretto con acqua che potrebbe contenere il batterio.
Profilassi
Per quanto concerne la profilassi dell’infezione negli allevamenti ittici, è necessario isolare gli animali infetti e correggere le pratiche di allevamento, al fine di assicurare che la qualità dell’acqua, la temperatura, la quantità di animali tenuti in un determinato spazio e il cibo siano idonei. L’ambiente deve essere interamente pulito e disinfettato.
Infine, allo scopo di prevenire l’infezione negli anfibi tenuti in cattività, si raccomanda di porli in zone con acqua pulita, con un numero di animali e una temperatura appropriati. Inoltre, prima di inserire nuovi animali in una colonia già esistente, è opportuno esaminarli per escludere la possibile presenza di un’infezione da A. hydrophila.
Fonti
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