Caratteristiche dei microrganismi Archaea
I microrganismi Archaea sono un gruppo di microrganismi unicellulari che sono stati identificati come un dominio distinto. Il loro nome scientifico “Archeobatteri” significa “batteri antichi” in greco, in quanto si sono evoluti molto presto rispetto ad altri esseri viventi. Gli Archaea sono tra i più antichi organismi mai esistiti sulla Terra. Sin dalle loro origini, hanno dovuto affrontare un ambiente ostile, ricco di gas come H2, S0, Fe2+ e così via, e hanno imparato a sfruttarli a loro vantaggio. Questa abilità ha permesso loro di sopravvivere ancora oggi in condizioni simili a quelle che caratterizzavano l’atmosfera primitiva.
La versatilità e la resilienza di questi microorganismi hanno fatto sì che gli scienziati credessero nella possibilità che gli Archaea possano sopravvivere anche su altri pianeti, come Marte. Ecco perché gli Archaea, spesso trascurati, rappresentano una prospettiva interessante per il futuro progresso e lo sviluppo scientifico.
I microrganismi Archaea causano malattie?
Al momento non è stato ancora possibile isolare patogeni Archaea. Tuttavia, è interessante capire se gli Archaea possano invece avere un effetto benefico sull’organismo umano che li ospita.
La maggior parte dei microrganismi Archaea presenti nell’intestino umano sono metanogeni, che competono con i batteri solfato-riduttori. Questa competizione è vantaggiosa, poiché è preferibile la presenza di metano (CH4) invece di acido solfidrico (H2S) nella regione intestinale, in quanto il secondo è stato associato a patologie e disordini intestinali.
In questo modo, gli Archaea simbionti hanno un effetto protettivo indiretto sulla salute dell’ospite. I Methanomassiliicoccales hanno dimostrato di avere un’azione detossificante sul metanolo prodotto da altri simbionti, mentre i metanogeni acetoclastici potrebbero ridurre il rischio di obesità nell’organismo ospite consumando le molecole di acetato presenti nell’intestino.
Inoltre, la riduzione degli Archaea metanogeni nel tratto gastrointestinale dei pazienti sottoposti a chemioterapia può causare una diminuzione dei batteri simbionti benefici e, di conseguenza, diarrea.
Virus ed Archaea
Gli Archaea sono organismi unici che rappresentano una delle tre grandi categorie di vita sul nostro pianeta. Anche se non è ancora stato possibile determinare con certezza se questi organismi siano capaci di causare malattie, è certo che sono vulnerabili ai virus. I virus che infettano gli Archaea sono estremamente diversi da qualsiasi altro virus conosciuto, probabilmente a causa della straordinaria unicità del loro ospite.
Per difendersi da questi attacchi, gli Archaea hanno sviluppato un meccanismo di difesa simile a quello utilizzato dal sistema immunitario batterico. Questo sistema, noto come CRISPR-Cas, è già noto ed utilizzato in tutto il mondo come tecnologia di ingegneria genetica.
Differenze e somiglianze con altri domini della vita
Le cellule procariotiche sono distinte dalle cellule eucariotiche per l’assenza di organelli avvolti da membrane. Al contrario, la caratteristica più importante delle cellule procariotiche è l’assenza di un vero e proprio nucleo, che è circondato da due membrane (derivate dal reticolo endoplasmatico) e che contiene il codice genetico dell’organismo. Nel caso di batteri e Archaea, il DNA è libero all’interno del citoplasma, formando una struttura chiamata nucleoide. Tuttavia, quest’ultimo ha una forma irregolare e si linearizza solo durante la divisione cellulare.
La riproduzione asessuata attraverso la scissione binaria è una caratteristica condivisa sia da batteri che da Archaea, che generano due cellule uguali tra loro e alla cellula madre. In passato, questi due domini erano classificati insieme, ma alcune recenti tesi suggeriscono l’idea di unirle in un unico gruppo, basandosi sull’ipotesi che l’origine degli Eucarioti sia legata a un processo di endosimbiosi che ha portato alla fusione di un Archaea e un batterio primitivo. Ciò farebbe degli Archaea i progenitori delle cellule eucariotiche, a causa delle molte analogie esistenti tra i due domini.
Phyla principali dei microrganismi Archaea
Grazie all’utilizzo delle tecnologie molecolari più moderne, la maggior parte dei microrganismi Archaea è stata classificata in 4 fili differenti. Queste fili sono: Crenarchaeota, Euryarchaeota, Korarchaeota e Nanoarchaeota.
- Il phylum Crenarchaeota comprende la maggior parte degli Archaea termofili e ipertermofili, molti dei quali sono di origine marina.
- L’Euryarchaeota comprende una vasta gamma di generi di Archaea che vivono in una molteplicità di ambienti, tra cui ipertermofili, alofili e metanoproduttori. Questi organismi presentano metabolismi aerobi e anaerobi obbligati.
- Il phylum Korarchaeota è stato definito solo recentemente e per ora si conoscono ancora pochi dettagli sugli organismi che vi appartengono.
- Il phylum Nanoarchaeota, al momento, comprende solo un organismo, il Nanoarchaeum equitans, che è parassita dell’Archaea Ignicoccus hospitalis.
Habitat dei microrganismi Archaea
Gli Archaea sono organismi molto versatili e presenti in molte parti del mondo. Ogni specie ha la sua speciale nicchia ecologica, che ha acquisito durante l’evoluzione. Possono essere trovati in molte situazioni, dal suolo alla superficie dell’acqua, dalle profondità abissali ai ghiacci. Alcuni Archaea intrattengono simbiosi con altri organismi, come Methanobrevibacter smithii che vive nell’intestino umano. Altri risiedono in cavità, come la cavità orale, o sulla pelle di alcuni animali.
Gli Archaea sono noti per la loro capacità di colonizzare ambienti estremi e difficili, e molti di loro sono considerati estremofili. Possono sopravvivere in condizioni che sarebbero tossiche e ostili per la maggior parte degli altri organismi, come temperature molto elevate o molto basse. Inoltre, alcuni possono resistere a elevati livelli di soluti o ad acidità o basicità estreme. Queste caratteristiche li rendono unici e adattabili a molte situazioni ambientali difficili.
Ruolo ecologico dei microrganismi Archaea
Gli Archaea sono dei microrganismi unici, in quanto sono in grado di resistere alle avversità degli habitat più ostili. Questa caratteristica li rende fondamentali per l’ecologia e il clima.
Secondo alcune ipotesi, gli Archaea rappresenterebbero la maggior parte dei microrganismi presenti nelle profondità oceaniche. In questo ambiente, si nutrirebbero di materia organica disciolta e sarebbero parte del fitoplancton. Questo significherebbe che gli Archaea sono in grado di influire profondamente sulla chimica degli oceani e che, senza di loro, gli oceani sarebbero privi di vita sott’acqua e bloccati in un ciclo di materia inalterato.
Inoltre, nutrendosi di materiale ricco di carbonio, gli Archaea possono influire sulla quantità di anidride carbonica sia negli oceani che nell’atmosfera, poiché esiste un intenso scambio tra i due ambienti.
Questi microrganismi possono essere classificati a seconda delle condizioni ambientali in cui vivono:
- Alofili: sono abituati alle condizioni di elevata concentrazione di sale.
- Termofili e ipertermofili: hanno bisogno di temperature elevate per prosperare.
- Psicrofili: preferiscono a temperature basse.
- Acidofili: prosperano in ambienti fortemente acidi.
- Alcalofili: prediligono ambienti fortemente alcalini.
Alofili
Gli Alofili sono tipi di Archaea che hanno bisogno di ambienti ad alta salinità per prosperare. Questi ambienti possono essere laghi salati o saline con concentrazioni di NaCl comprese tra 1,5 M (9% di soluto) e circa 5M, ovvero il punto di saturazione. Il caso interessante è quello di Halobacterium salinarum, che è in grado di vivere nelle saline e che è responsabile della loro occasionali colorazioni rossastre o viola, poiché produce pigmenti come carotenoidi e batteriodopsina. Quest’ultima è una proteina integrale di membrana che, in presenza di luce solare e in assenza di ossigeno, cambia la propria colorazione da arancione a un rosso scuro.
La batteriodopsina è una pompa protonica che viene energizzata dai fotoni. In presenza di luce, viene indotta a pompare ioni H+ verso l’esterno, creando un gradiente di concentrazione che genera una forza protonmotrice in grado di richiamare i protoni verso l’interno della cellula, producendo così energia chimica (ATP). Questo meccanismo rappresenta la prima forma di sintesi energetica in assenza di clorofilla e consente a questi organismi di sopravvivere anche in assenza di ossigeno e nutrienti, ma solo se c’è luce solare.
Termofili
I termofili o ipertermofili sono una classe di organismi procarioti che si sono adattati a vivere a temperature estremamente elevate, come quelle dei geyser, delle sorgenti termali, dei vulcani e delle solfatare. Questi organismi sono in grado di prosperare anche nei fluidi geotermici rilasciati dalle centrali geotermiche. La loro capacità di resistere alle alte temperature è dovuta alla loro particolare membrana monostratificata. Essi sono anche più resistenti delle spore batteriche.
Tra gli ipertermofili, alcuni archaea, come Thermococcus celer, Thermus aquaticus e Pyrococcus furiosus, prosperano spesso nelle sorgenti termali. E’ interessante notare che questi due ultimi sono alla base della produzione di DNA-polimerasi, utilizzate in molti laboratori per sintetizzare il DNA con precisione, grazie alla loro stabilità che garantisce un tasso di errore molto basso. Anche l’enzima derivato dal Thermococcus celer viene spesso impiegato in laboratorio, benché abbia una efficienza leggermente inferiore.
Il problema delle alte temperature
E’ ben noto che il DNA si denatura a temperature intorno ai 90°C mentre le proteine ancora prima, a soli 60°C. Questo significa che le proteine perdono la loro conformazione e funzionalità, mentre il DNA perde l’adeguato accoppiamento delle basi azotate, causando la sua caratteristica struttura a doppia elica. Questi eventi interrompono l’attività cellulare, conducendo infine alla morte della cellula. Ecco perché gli Archaea hanno sviluppato strategie per prevenire tali effetti.
Gli Archaea hanno proteine termo-stabili che resistono alle alte temperature. La degradazione termica viene prevenuta dalla conformazione “avvolta” dei nuclei proteici che protegge gli aminoacidi all’interno del “core” della macromolecola. Questa conformazione viene mantenuta dalle chaperonine, i termosomi, che sono deputati a ripiegare tridimensionalmente gli aminoacidi che compongono le proteine.
Inoltre, accumulano soluti come il glicerolo fosfato per aumentare la temperatura di fusione del DNA, aumentando così la soglia di energia termica necessaria per la denaturazione del materiale genetico. Essi sono dotati di un enzima particolare, la Girasi Inversa, che preserva la struttura secondaria del DNA (elica) introducendo superavvolgimenti che aumentano la resistenza termica. Infine, aumentano la percentuale di coppie C-G presenti nelle sequenze genomiche, che offrono maggiore stabilità termica grazie ai loro legami idrogeno più forti.
Priscrofili
Gli psicrofili sono un tipo di Archaea che sono in grado di sopravvivere a temperature molto basse. Il loro ambiente ideale per la proliferazione si trova intorno ai -15°C, ma sono in grado di resistere anche a temperature molto più rigide grazie alle loro strategie di protezione dal congelamento. Tuttavia, è importante che il processo di raffreddamento avvenga in modo graduale.
A causa delle basse temperature, le membrane cellulari degli psicrofili diventano più rigide, ma questi microrganismi hanno una membrana che contiene un’alta percentuale di acidi grassi a catena corta e con molte insaturazioni, aumentando la fluidità della membrana e abbassando il punto di fusione. Gli psicrofili sono principalmente marini, ma possono anche essere trovati nei suoli alpini, negli ambienti artici e persino all’interno del ghiaccio.
A causa delle difficili condizioni degli habitat in cui vivono, gli psicrofili devono affrontare molte sfide, come le elevate concentrazioni di sale nei ghiacci marini o la pressione elevata delle profondità oceaniche.
Alcalofili
Gli organismi alcalofili, noti anche come basofili, sono microorganismi estremofili che sono in grado di vivere e prosperare in ambienti con livelli di pH compresi tra 8,5 e 11. Questi microorganismi possono essere trovati in luoghi altamente alcalini, come laghi sodici o suoli carbonatici.
Per sopravvivere in questi ambienti, gli organismi alcalofili devono proteggere l’interno delle loro cellule dall’ambiente alcalino circostante, poiché le molecole di RNA sono instabili a pH superiori a 8. Per mantenere il pH interno equilibrato, alcuni organismi usano una membrana plasmatica fortemente rinforzata da peptidoglicano per impedire l’entrata di protoni e residui acidi. Altri utilizzano una serie di co-trasporti negativi di protoni per espellere i protoni che entrano nella cellula.
Ci sono tre tipi principali di organismi alcalofili: alcalofili obbligati, che possono sopravvivere solo in ambienti alcalini; alcalofili facoltativi, che possono prosperare sia in ambienti alcalini che in ambienti neutri; e alcalocalofili, che oltre ad essere alcalofili, hanno anche bisogno di condizioni di salinità elevate. La maggior parte di questi ultimi appartiene al dominio Archaea.
Acidofili
Gli organismi acidofili sono quelli che prosperano in ambienti estremamente acidi, con un pH di 2.0 o inferiore. Questi organismi sono presenti in diversi regni biologici, tra cui archeobatteri, batteri e funghi. Alcuni esempi di organismi acidofili sono Sulfolobales, Thermoplasmatales, Acidobacterium e Acidithiobacillales.
Per sopravvivere in queste condizioni estreme, la maggior parte degli organismi acidofili hanno sviluppato efficaci meccanismi di resistenza all’acido. Questi meccanismi sono caratterizzati dalla capacità di pompare protoni fuori dalla cellula, per evitare di acidificare troppo il citoplasma e mantenere un pH interno neutro. Tuttavia, alcuni organismi, come il gruppo degli Acetobacter, hanno scelto di avere un pH interno acido.
Le proteine strutturali degli organismi acidofili si sono adattate alle condizioni estreme incorporando residui acidi nella loro struttura, riducendo così gli effetti negativi del basso pH. Studi recenti hanno confermato queste scoperte.
In sintesi, gli organismi acidofili sono quelli che prosperano in ambienti estremamente acidi e hanno sviluppato meccanismi di resistenza efficaci per sopravvivere in queste condizioni estreme. Le proteine strutturali di questi organismi si sono adattate integrando residui acidi, che ne minimizzano gli effetti negativi.
Il metabolismo dei microrganismi Archaea
Gli Archaea sono un gruppo di microrganismi estremamente eterogeneo in termini di metabolismo. La loro capacità di adattarsi a diversi ambienti è testimoniata dalla loro capacità di svolgere processi metabolici in situazioni differenti, come aerobiosi o anaerobiosi. Inoltre, alcune specie sono autotrofe, in grado di produrre la loro energia tramite la fotosintesi, mentre altre sono eterotrofe, che dipendono da molecole organiche prodotte da altri organismi.
Gli Archaea possono utilizzare molte molecole come fonte di energia, come il glucosio, lo zolfo, l’ammoniaca, l’acido acetico, l’alcool e molte altre. Questa diversità di metabolismo rende gli Archaea una fonte di potenziale interesse per la ricerca scientifica e il progresso tecnologico.
Morfologia
La diversità tra i batteri e gli Archaea è di natura genetica più che morfologica. Entrambi, a seconda della loro specie, possono avere molte forme diverse, bastoncellare, sferica, a spirale, piatta, cuboide, filamentosa, ecc. La dimensione degli Archaea è simile a quella dei batteri, variando da 0,1 µm a 15 µm. Molti di loro possiedono anche flagelli allungati che permettono loro di spostarsi verso fonti di nutrimento, muovendosi lungo un gradiente chimico. Queste appendici sono presenti anche in molti batteri e in alcuni protisti, ma la differenza principale è nella loro costruzione. Mentre nei batteri lo stelo viene costruito depositando il materiale dall’alto verso il centro, negli Archaea viene costruito dalla base verso l’alto. Questo ulteriore dimostra come i due domini procariotici abbiano preso direzioni evolutive diverse fin dall’inizio.
Parete cellulare
Gli Archaea presentano un rivestimento esterno con caratteristiche uniche che li distinguono dagli altri organismi viventi, come i batteri e gli eucarioti. La parete cellulare è la struttura più superficiale e si trova al di fuori della membrana plasmatica, conferendo rigidità e forma precisa al microrganismo, proteggendolo dai danni meccanici e prevenendo la lisi osmotica. A differenza dei batteri, la parete cellulare degli Archaea è composta prevalentemente da proteine, glicoproteine e polisaccaridi o pseudopeptidoglicano. La parete più comune è quella costituita dallo strato paracristallino, noto anche come S-layer, composto da proteine o glicoproteine disposte in unità esagonali. Gli Archaea vivono in ambienti ostili e il loro rivestimento esterno deve essere adatto all’habitat in cui vivono.
Pseudopeptidoglicano
Gli Archaea, organismi unicellulari aventi un rivestimento esterno unico che li differenzia sia dai batteri che dagli eucarioti, presentano una parete cellulare che riveste la loro superficie esterna. Anche se alcuni di questi organismi ne sono privi, il suo ruolo consiste nel conferire rigidità e forma precisa, oltre a proteggere dai danni meccanici e di prevenire la lisi osmotica. La parete cellulare degli Archaea è composta da catene di carboidrati, principalmente proteine, glicoproteine e polisaccaridi o, in alcuni casi, da molecole di pseudopeptidoglicano.
Quest’ultimo è costituita da unità ripetute di acido N-acetiltalosaminuronico (NAT) e N-acetilglucosamina (NAG), che si differenzia dal peptidoglicano batterico per il legame glicosidico β-1,3 al posto del legame β-1,4. Grazie a questa differenza nella modalità di connessione dei monosaccaridi, gli Archaea non sono vulnerabili al lisozima e agli antibiotici come la penicillina. La parete cellulare degli eucarioti è invece formata principalmente da cellulosa o chitina e presenta caratteristiche molto differenti da quella degli Archaea e dei batteri.
Membrana cellulare
La membrana cellulare è uno strato sottile che si trova all’interno della parete cellulare e regola gli scambi tra la cellula e l’ambiente esterno. Negli Archaea, la membrana citoplasmatica ha caratteristiche uniche rispetto a quelle degli eucarioti e dei batteri, poiché contiene lipidi particolari che conferiscono maggiore resistenza chimica e termica, adattandosi alle condizioni estreme in cui vivono. Questi lipidi sono diversi da quelli dei batteri ed eucarioti perché possiedono legami eterici tra le due porzioni al posto di legami esterici. Inoltre, la membrana degli Archaea contiene unità ripetute di un polimero idrocarburico alifatico, l’isoprene, anziché catene di acidi grassi come avviene nei batteri. Tra le tipologie di lipidi più peculiari troviamo i dieteri e i tetraeteri, composti da catene di fitanile. Questi lipidi formano membrane a monostrato invece di quelle bistratificate comuni.
Le membrane monostratificate sono particolari tipologie di membrana cellulare che si trovano soprattutto negli Archaea ipertermofili. Sono le membrane più rigide tra tutte le tipologie di membrana, grazie ai legami eterici tra le catene idrocarburiche che formano anelli ciclopentanici a grande ingombro sterico. Questo conferisce loro una maggiore resistenza alle condizioni estreme in cui vivono gli Archaea, caratterizzate da temperature elevate e aggressioni chimiche. Al contrario, le membrane bistratificate hanno una maggiore permeabilità, poiché le catene idrocarburiche nel centro del doppio strato fosfolipidico sono più mobili e flessibili. La rigidità delle membrane monostratificate è dovuta al fatto che entrambe le estremità delle catene sono fissate al glicerolo.
Differenze e similitudini tra archeobatteri ed eubatteri
Gli Archaea, così come i batteri, tendono ad avere una scarsa variabilità genetica quando si dividono per riproduzione asessuata. Questo significa che possono avere limitate capacità adattive per far fronte a eventuali circostanze ambientali avverse. Tuttavia, questi microorganismi hanno sviluppato un meccanismo che consente loro di acquisire nuovi caratteri, definito trasferimento genico orizzontale (Horizontal Gene Transfer), che permette loro di scambiare informazioni genetiche anche tra specie distinte e filogeneticamente lontane. Questo processo permette ai microrganismi di acquisire nuovi geni che saranno selezionati come favorevoli alla sopravvivenza e trasmessi alle generazioni successive. In particolare, il trasferimento genico avviene attraverso lo scambio di plasmidi, unità genetiche circolari brevi di 1000-150000 bp che contengono informazioni geniche “accessorie” che conferiscono vantaggi all’organismo. In questo modo, gli Archaea possono ottenere nuove caratteristiche per far fronte alle difficili condizioni ambientali in cui spesso si trovano a vivere.
- Leggi anche Archaea vs Batteri: troviamo le differenze!
Differenze e similitudini tra archeobatteri ed eucarioti
Nel dominio degli Archaea, esistono analogie nei meccanismi regolatori interni con gli altri domini. Ad esempio, il processo di trascrizione e quello di traduzione somigliano maggiormente a quelli delle cellule eucariote che a quelli dei batteri. L’RNA-polimerasi dei microrganismi Archaea, responsabile della trascrizione, mostra un comportamento e una struttura molto simile a quella presente nelle cellule eucariote. Analogamente, i ribosomi degli Archaea sono simili a quelli delle cellule eucariote e si occupano della conversione degli mRNA in sequenze amminoacidiche per la sintesi proteica. Tuttavia, le modificazioni post-trascrizionali sono meno complesse e gli Archaea non possiedono introni nella maggior parte dei geni che codificano per le proteine, a differenza delle cellule eucariote. Gli introni sono presenti solo nelle sequenze relative agli RNA-ribosomiali e agli RNA-transfer.
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