Il miele rappresenta un importante prodotto agricolo e la sua produzione ricopre un’ampia fetta dell’attività economica in Europa. E’ oggi risaputo che lo sviluppo di prodotti a base di miele costituisce un’alternativa non più trascurabile per la redditività dell’industria apistica per offrire una valida alternativa alla fornitura di bevande alcoliche innovative ai consumatori. Dalla fermentazione del miele si possono ottenere molteplici prodotti alcolici come vino tipo sherry e vino frutta-miele. Tra le bevande alcoliche fermentate, rientra di diritto anche il poco conosciuto idromele (dal greco ὕδωρ, hýdor “acqua” e μέλι, méli “miele”), una bevanda tradizionale a base di miele avente una gradazione alcolica espressa in volume compresa tra 8 – 18% (v/v).

Origini dell’idromele
Con il termine “miele” si intende “la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera, Linneus, 1758) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano, combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare”.
Si tratta di una bevanda antichissima e popolare nell’Europa orientale e negli stati baltici, ma largamente consumata anche in Inghilterra, Germania; è molto popolare soprattutto nei paesi africani, dove si è ampiamente diffusa in Etiopia e Sud Africa, ciò testimonia le sue antiche origini, al punto da ipotizzare di aver a che fare con il più antico prodotto fermentato al mondo, ancor più della birra, in quanto non necessita di alcuna coltivazione della materia prima.

Produzione
L’idromele viene realizzato mediante fermentazione alcolica del miele di api, diluito con un’appropriata quantità di acqua in modo da stabilirne anche il grado alcolico finale. Alcune tipologie di idromele prevedono anche aggiunte di piccole quantità di frutta, spezie ed erbe (come, in origine, era il gruit nella birra, ovvero miscele di spezie aggiunte al mosto in fermentazione), in proporzioni tali da non mascherare il sapore e l’aroma del miele. La bevanda può essere realizzata anche a partire dai succhi di frutta addizionati di miele e dopo la miscelazione, la massa subisce il processo di pastorizzazione per disattivare quelle popolazioni microbiche indigene responsabili, nei tempi antichi, delle primordiali fermentazioni spontanee che davano origine al prodotto. Segue quindi l’inoculo del lievito starter, tecnologicamente selezionato per portare a secco la fermentazione di questo specifico substrato, la fermentazione e, infine, la rimozione delle impurità. Dopo il completamento della fermentazione alcolica, l’idromele viene chiarificato mediante centrifugazione o, più raramente, con l’ausilio di agenti chiarificanti come bentonite (adoperata anche dall’industria enologica) e filtrato prima dell’imbottigliamento. L’ultimo passaggio del processo produttivo di idromele è rappresentato dall’invecchiamento ovvero una fase di maturazione che può durare diversi mesi o anni. Durante tale periodo di tempo, si sviluppano vari composti aromatici, derivanti anche dai contenitori ospitanti il fermentato, che arricchiscono la complessità organolettica del prodotto. In generale, l’invecchiamento ha tempi notevolmente ridotti negli idromeli con un minor contenuto in alcol e caratterizzati da un sapore più dolce e in genere meno complesso.
Di solito, la produzione di idromele viene ottenuta grazie all’azione di cellule di lievito appartenenti al genere Saccharomyces; tra i lieviti non-Saccharomyces, Hansenula anomala ha mostrato risultati interessanti nella produzione di idromele sperimentale.
Idromele italiano: Spiritu re Frascitari siciliano
Tra i prodotti di nicchia caratteristici di aree rurali molto ristrette e con una forte connotazione territoriale, espressione della cultura dei luoghi di produzione e del loro folklore, troviamo quel che è un vero e proprio prodotto ottenuto dalla fermentazione di sottoprodotti della lavorazione del miele: lo Spiritu ré Fascitrari è infatti un prodotto siciliano ottenuto dalla distillazione di un decotto di sostanze residue dei mieli, opercoli, cera d’api, etc. Si tratta un liquore di nicchia anticamente conosciuto e tramandato nelle generazioni, facente parte della tradizione locale della città di Sortino, sita in provincia di Siracusa e che rientra in un areale già famoso per la produzione del miele. Negli ultimi anni, la produzione di questa bevanda alcolica si è estesa ad altri comuni della stessa provincia, come Floridia e Solarino, per rispondere alla crescente domanda di questo prodotto unico e strettamente legato al territorio. Il nome deriva dai maestri che contribuivano a costruivano gli alveari, chiamati in siciliano “fascitrari” (il termine “fascitro” indica l’alveare ottenuto intrecciando gli steli della pianta Ferula communis).
Lo Spiritu ré Fascitrari è il risultato di un processo singolare sviluppato a partire dalla tecnica di raccolta del miele dell’ape nera sicula (Apis mellifera siciliana) dai “fascetri” attraverso la torchiatura dei favi esausti che ancora contenevano piccole quantità di miele, polline e propoli che venivano quindi sottoposti a bollitura per il recupero della cera commercialmente considerata, in passato, addirittura più importante del miele. Il decotto così ottenuto, separato dalla cera, subiva la fermentazione spontanea, offrendo così la base per la produzione dello Spiritu ré Fascitrari.

Ecologia dei lieviti nell’idromele
Recenti studi condotti da Gaglio et al. (2017) in merito all’idromele tipico siciliano hanno messo in evidenza l’importanza dell’ecologia dei lieviti e delle caratteristiche fisico-chimiche dei sottoprodotti del miele impiegati per la produzione di questo prodotto agroalimentare: dai campioni prelevati durante il processo di produzione del distillato, infatti, sono stati ricercati i lieviti totali, i lieviti osmofili e i lieviti osmotolleranti: sia i favi che le superfici delle attrezzature ospitavano presenza di lieviti: dopo l’arricchimento, le popolazioni sono aumentate ed è stato osservato un incremento significativo durante la fermentazione alcolica, raggiungendo valori superiori a 1 x 107 UFC / mL dopo il sesto giorno. Le analisi microbiche condotte sul decotto in fermentazione hanno permesso di isolare circa 2800 colonie di lieviti che attraverso analisi fenotipiche e genotipiche sono risultate appartenere alle seguenti specie: Lachancea fermentati, Pichia anomala, Pichia kudriavzevii, Saccharomyces cerevisiae, Wickerhamomyces anomalus, Zygosaccharomyces bailii e Zygosaccharomyces rouxii; il microbiota del fermentato di miele è quindi per certi versi similmente variegato e al contempo molto diverso rispetto a quello del mosto d’uva in fermentazione per la presenza di molteplici specie di lieviti diversi. Durante il processo di fermentazione spontanea, le specie S. cerevisiae, Z. bailii e Z. rouxii sono risultate le più rappresentative e il rapporto di conversione degli zuccheri in etanolo è risultato pari a circa 53%; sono stati trovati anche alti contenuti di acido acetico e glicerolo. Sebbene siano necessari ulteriori studi, i risultati ottenuti durante questa ricerca hanno permesso di selezionare diversi ceppi di S. cerevisiae che dovranno essere valutati in situ per il loro potenziale tecnologico al fine di utilizzarli come colture starter per le fermentazioni alcoliche che portano alla produzione dello “Spiritu ré fascitrari”.
Fonti
- Gupta, J. K., & Sharma, R. (2009). Production technology and quality characteristics of mead and fruit-honey wines: A review, 345-355
- Pereira, A. P., Mendes-Ferreira, A., Oliveira, J. M., Estevinho, L. M., & Mendes-Faia, A. (2013). High-cell-density fermentation of Saccharomyces cerevisiae for the optimisation of mead production. Food microbiology, 33(1), 114-123
- Parri, E., Lenzi, A., Cifelli, M., Restivo, A., Degano, I., Ribechini, E., Zandomenighi, M. & Domenici, V. (2014). & Domenici, V. Studio di mieli toscani
monoflorali mediante tecniche chimiche cromatografiche e spettroscopiche, 159-169 - Gaglio, R., Alfonzo, A., Francesca, N., Corona, O., Di Gerlando, R., Columba, P., & Moschetti, G. (2017). Production of the Sicilian distillate “Spiritu re fascitrari” from honey by-products: An interesting source of yeast diversity. International journal of food microbiology, 261, 62-72
- A. Ciminata, R. Guarcello, N. Francesca, P. Columba, G. Lombardo, G. Moschetti, R. Gaglio (2019). L’idromele e lo spiritu ré fascitrari, l’uso antico del miele fermentato. Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali, Università degli Studi di Palermo