Sulfamidici

I sulfamidici sono farmaci sintetici ad azione antibatterica, sono antibiotici ad ampio spettro batteriostatici. Dal punto di vista chimico, i sulfamidici sono delle solfonammidi derivanti da coloranti azoici. I sulfamidici furono fra i primi antibatterici messi in commercio e utilizzati in terapia, oggi i sulfamidici vengono usati meno, al loro posto si preferisce utilizzare antibiotici come le penicilline o le cefalosporine.

Generalità

Furono scoperti grazie agli studi in vivo del chimico tedesco Gerhard Domagk sul prontosil rosso, colorante azoico sintetizzato nel 1932. Le prove in vitro, tese a valutarne l’azione antibatterica, diedero però risultati negativi, questo perché il prontosil non è il farmaco attivo, bensì un suo precursore, o meglio un profarmaco. Nel 1935 la sperimentazione del farmaco fu estesa a Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Furono gli scienziati del laboratorio di chimica terapeutica diretto da Ernest Fourneau nell’ Istituto Pasteur di Parigi, a scoprire la natura del composto attivo (solfanilammide), isolandolo e successivamente sintetizzandolo. La sperimentazione clinica del sulfamidico suscitò molto entusiasmo: la mortalità per infezione da streptococchi scese drasticamente. Capostipite di questa categoria di farmaci è una sostanza nota come sulfanilamide; la differenza fra un sulfamidico e l’altro deriva da una diversa posizione degli atomi contenuti nella molecola di tale sostanza.

Formula di struttura della sulfanilamide
Figura 1 – Formula di struttura della sulfanilamide [Fonte: pazienti.it]

Indicazioni e controindicazioni terapeutiche


I sulfamidici sono attivi nei confronti di:

  • enteriti da Escherichia coli
  • infezioni delle vie respiratorie e del tratto urinario
  • malaria (in associazione con antimalarici antifolici)
  • meningiti cerebrospinali epidemiche causate da Neisseria meningitidis
  • nocardiosi da Nocardia asteroides (in associazione con antibiotici)
  • Toxoplasma gondii
  • tracoma provocato da Chlamydia trachomatis
  • ulcera molle da Haemophilus ducreyi

Possono venire somministrati anche per ottenere sterilità a livello intestinale prima di un intervento chirurgico.

Quelli topici possono essere utilizzati per trattare:

  • Ustioni: sulfadiazina argentica e acetato di mafenide
  • Vaginite: crema vaginale e supposte con sulfanilamide
  • Infezioni oculari superficiali: sulfacetamide oftalmica

Gravidanza e allattamento

Le evidenze riguardanti un’associazione tra sulfonamidi e difetti alla nascita sono miste, studi sugli animali con sulfonamidi mostrano alcuni rischi e non sono stati effettuati studi adeguati in donne in gravidanza. L’uso in prossimità del parto e nelle madri che allattano è controindicato, così come nei pazienti < 2 mesi di età (eccetto che nel caso di terapia aggiuntiva con pirimetamina per trattare la toxoplasmosi congenita). Se usati a breve termine durante la gravidanza o nei neonati, questi farmaci aumentano i livelli ematici di bilirubina non coniugata e aumentano il rischio di ittero nucleare nel feto o nel neonato. I sulfamidici passano nel latte materno.

Meccanismo d’ azione

I sulfamidici hanno un’azione batteriostatica quindi, bloccando la sintesi del DNA batterico, inibiscono la crescita cellulare batterica; più nello specifico, i sulfamidici inibiscono la diidropteroato sintetasi, uno degli enzimi coinvolti nella sintesi dell’acido tetraidrofolico, indispensabile intermedio per la sintesi delle basi puriniche e pirimidiniche che costituiscono il DNA batterico. In particolare, i sulfamidici si sostituiscono all’acido para-amminobenzoico (PABA), substrato endogeno della diidropteroato sintetasi. In tal modo, la sintesi dell’acido tetraidrofolico si blocca e il batterio non è più capace di sintetizzare nuovo DNA. L’uomo ricava l’acido folico dai cibi, mentre molti batteri non sono in grado di utilizzarlo dall’esterno e sono costretti a sintetizzarlo in maniera autonoma; se esso viene a mancare i microorganismi muoiono.

Principi attivi e farmacocinetica

I sulfamidici sono polveri cristalline biancastre o giallastre, poco solubili in acqua (ad eccezione della sulfacetamide e della sulfanilamide; i loro sali sodici, solubili in acqua, hanno un pH molto alcalino. Il peso molecolare varia tra i 250 ed i 300 dalton per i sulfamidici sistemici, mentre è leggermente più elevato (350-400 dalton) per i sulfamidici a doppia sostituzione, ad azione topica intestinale. In base alla loro farmacocinetica e alla loro utilizzazione clinica i sulfamidici attuali vengono classificati in varie categorie: 

  •  Sulfamidici ad emivita breve ed eliminazione rapida (3-4 ore), utilizzati nel trattamento delle infezioni urinarie; ad esempio il sulfametizolo
  • Sulf. ad emivita di 10-12 ore, ad eliminazione semiritardo, impiegati nel trattamento delle infezioni sistemiche; ad esempio sulfametossazolo, sulfadiazina, sulfamoxolo 
  • Sulfamidici “retard”, ad emivita prolungata (>24 ore)  
  • Sulfamidici ad emivita molto prolungata (>100 ore) ed eliminazione ultra lenta, utilizzati soprattutto nel trattamento della malaria: sulfadossina 
  • Sulf. non assorbibili per via digestiva, ad azione topica intestinale: sulfaguanidina, succinilsulfotiazolo, sulfasalazina
  • Sulfamidici ad impiego topico cutaneo: sulfanilamide, sulfasuccimide, sulfodiazina argentica  Sulfoni: dapsone

L’eliminazione dei sulfamidici sistemici avviene soprattutto per via renale, per filtrazione glomerulare, talvolta associata a secrezione tubulare. L’eliminazione renale viene accelerata dall’alcalinizzazione. I tassi urinari sono molto elevati (>100 µg/ml). I sulfamidici non assorbili vengono eliminati per via fecale.

Reazioni avverse ed interazioni

Gli effetti avversi dei sulfonamidi possono derivare dai sulfamidici sia orali che talvolta per uso topico; gli effetti comprendono

  • Reazioni da ipersensibilità, come eruzioni cutanee, sindrome di Stevens-Johnson , vasculite, malattia da siero, febbre da farmaci, anafilassi e angioedema
  • Cristalluria, oliguria e anuria
  • Reazioni ematologiche quali agranulocitosi, trombocitopenia e, nei pazienti con carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), anemia emolitica
  • Ittero nucleare dei neonati
  • Fotosensibilità
  • Effetti neurologici come insonnia e cefalea

Può verificarsi ipotiroidismo, epatite, e riattivazione di lupus eritematoso sistemico quiescente nei pazienti che assumono sulfamidici, questi farmaci possono esacerbare le porfirie. L’incidenza degli effetti avversi è diversa per i vari sulfamidici ma la sensibilità crociata è frequente.

Associazioni Utili

  • Trimetoprim: sinergismo d’azione per blocco enzimatico sequenziale
  • Polimixina-colistina: trattamento delle infezioni da Proteus indolo positivo e Serratia
  • Spiramicina: terapia della toxoplasmosi
  • Pirimetamina: trattamento delle infezioni da Plasmodium, Toxoplasma e Pneumocystiscarinii
  • Macrolidi: trattamento delle infezioni da H. influenzae
  • Nitrofurantoina: infezioni delle vie urinarie
  • Nitroxolina: terapia delle infezioni urinarie da E. coli e Proteus
  • Farmaci alcalinizzanti le urine: da associarsi ai sulfamidici a scarsa solubilità urinaria.

Associazioni da Evitare

  • Cloramfenicolo: aumento del rischio di ematotossicità
  • Metronidazolo: aumento del rischio di ematotossicità
  • Metenamina e nitroxolina: aumento del rischio di cristalluria
  • Anticoagulanti orali (warfarin): non devono essere associati ai sulfamidici fortemente legati alle proteine plasmatiche, a causa della competizione per il legame proteico e dell’aumento di rischio di emorragia
  • Antitiroidei di sintesi: gli effetti sono aumentati dai sulfamidici
  • Fenitoina: i suoi tassi sierici, la sua emivita e la sua neurotossicità sono incrementati dalla associazione con un sulfamidico
  • Digossina: la sulfosalazina ne aumenta i tassi sierici e l’emivita
  • Sali di ferro: i tassi plasmatici vengono diminuiti dalla sulfasalazina

Meccanismi di resistenza

Come per molti altri antibiotici, molti batteri hanno sviluppato dei meccanismi di resistenza ai sulfamidici:

  • Aumentando le concentrazioni di PABA nella cellula e quindi la possibilità di legame di questa molecola con l’enzima
  • Sovrasprimendo il gene codificante l’enzima target, in modo da rendere più difficile la sua saturazione col farmaco
  • Modificando il gene codificante l’enzima target, in modo da renderlo più selettivo verso il suo substrato naturale, cioè il PABA
  • Sintetizzando il metabolita acido folico tramite via alternativa
  • Riducendo la permeabilità della membrana batterica

Curiosità: Antibiotici e uova

Non è vero che quando si fa una cura di antibiotici non si può mangiare l’uovo! È vero solo quando si assumono antibiotici sulfamidici. L’ uovo, infatti, nell’intestino si lega al sulfamidico limitandone l’assorbimento, per questo è opportuno non assumere uova contemporaneamente ad un sulfamidico per bocca.

Fonti

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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