Caratteristiche generali
Il liofilizzatore (Fig.1) è uno strumento utilizzato in laboratorio o nei processi industriali per disidratare cibo, soluzioni ed altri prodotti. Il suo principio è la sublimazione ovvero il passaggio di una sostanza, in questo caso l’acqua, dal suo stato solido (ghiaccio) a quello aeriforme (vapore); il termine inglese per questo processo, freeze drying (essiccazione a congelamento), esprime bene il concetto in quanto ciò che si vuole privare di acqua viene posto nello strumento completamente congelato. Per molto tempo la sublimazione del ghiaccio rimase una forte curiosità di laboratorio e niente più; il primo vero utilizzo industriale fu durante la Seconda Guerra Mondiale quando c’era necessità di grandi quantità di plasma sanguigno umano che venne disidratato.
Uno dei vantaggi di questo metodo è il fatto che il prodotto non si deteriora in quanto non viene scaldato ad alte temperature che potrebbe indurre, per esempio, l’attivazione delle vie biosintetiche che degraderebbero le molecole importanti o d’interesse nelle analisi; per di più il mantenimento del volume prima e dopo la liofilizzazione e la conservabilità del prodotto disidratato per moltissimo tempo sono dei fattori che rendono la liofilizzazione un processo molto utile.
Utilizzo in laboratorio
Il liofilizzatore è uno strumento molto utile utilizzato in numerosi ambiti, sia nell’industria che nei laboratori di ricerca. La sua dimensione varia e ciò permette il suo impiego per quantità di prodotti e volumi più o meno grandi.
Molti alimenti sono liofilizzati, ciò consente di ridurre la degradabilità del prodotto e l’aumento del periodo di conservazione, permettendo così di avere cibo più sicuro. Esempi sono il cibo per i bambini nei primi anni di vita (chiamati commercialmente “omogeneizzati liofilizzati” o semplicemente “liofilizzati”) e i pasti utilizzati dagli astronauti nello spazio. Questi prodotti sono completamente disidratati e per l’uso vanno reidratati con acqua o altri liquidi.
La liofilizzazione è utilizzata anche in laboratorio per avere campioni disidratati da analizzare con, ad esempio, l’HPLC. Tra i vantaggi c’è sicuramente la conservabilità del materiale per lunghi periodi permettendo l’analisi dei campioni successivamente al loro campionamento (ad esempio, nel caso di mirtilli raccolti nel periodo di maturazione ma analizzati nel periodo invernale Fig. 2). Rimuovendo l’acqua, per di più, si può diluire il campione con più facilità (senza eccessi evitando di dover fare evaporare le soluzioni) o fare estrazioni di DNA, proteine o altre molecole d’interesse. In alcuni casi i liofilizzati possono essere utilizzati come polveri. A volte vengono liofilizzate anche soluzioni per essere usate in futuro.
In ambito farmaceutico, i farmaci vengono disidratati con il processo di liofilizzazione permettendo la vendita di un prodotto (ridotto in polvere) che con l’aggiunta della giusta quantità d’acqua assumono le caratteristiche terapeutiche e nutrizionali della sostanza prima del trattamento. Ancora una volta questo processo permette di avere polveri o compresse più conservabili e stabili.
Funzionamento del liofilizzatore
Le fasi della liofilizzazione sono principalmente tre e lo strumento si basa, come precedentemente detto, sul principio di sublimazione.
- Congelamento: può avvenire nel liofilizzatore o all’esterno, mantenendo poi la stessa temperatura evitando la fusione dell’acqua. È fondamentale che la fase di congelamento avvenga in tempi molto brevi evitando la formazione di grandi cristalli di ghiaccio che potrebbero rompere le cellule e i tessuti, in caso si tratti di materiale biologico (frutti, foglie …).
- Sublimazione: in questa fase viene rimossa la maggior parte dell’acqua (più del 90%) attraverso il surriscaldamento del materiale (portando attenzione a non degradare il prodotto) e il vuoto creato dalla pompa all’interno dell’essiccatore. Nello strumento è presente un condensatore freddo dove aderisce il vapore rimosso dal materiale, proteggendo anche la pompa.
- Adsorbimento: ultima fase della liofilizzazione dove, aumentando ulteriormente la temperatura, vengono rotti i legami ionici tra le molecole di acqua residua e il materiale.
In conclusione si ottiene un prodotto con una quantità di umidità tra l’1 e il 5% circa a seconda del processo (Fig. 3).
Limiti del liofilizzatore
Il liofilizzatore è uno strumento piuttosto semplice i cui limiti sono legati principalmente alle tempistiche e temperature a cui lavora, alla sua efficienza. I problemi che però si potrebbero riscontrarsi durante l’utilizzo sono:
- Eccessivo riscaldamento del prodotto;
- Refrigerazione non sufficiente;
- Produzione di eccessivo vapore: in caso l’area del condensatore (Fig. 4) sia troppo piccola o la velocità di formazione del vapore sia troppo alta;
- Superficie del prodotto da liofilizzare troppo alta per la capacità dello strumento;
- Malfunzionamento della pompa o del condensatore.
Precauzioni di utilizzo
Le precauzioni legate all’utilizzo del liofilizzatore sono soprattutto di buon senso. Si lavora con materiale congelato a temperature molto basse quindi è necessario mantenere la catena del freddo al meglio (soprattutto nel caso di materiale congelato precedentemente). L’abbassamento di pressione all’interno dello strumento viene fatta attraverso una pompa che, insieme alle altre parti che compongono il liofilizzatore, vanno tenute sotto manutenzione costante per evitare gravi danni e malfunzionamenti. Ovviamente, come in ogni ambito di laboratorio o industriale, è importante utilizzare i mezzi di protezione individuale e seguire tutte le regole di buon comportamento.
Fonti
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