L’intestino è un organo molto lungo, tenerlo sotto controllo non è opera facile. Spesso i pazienti lamentano dolori, fastidi, alcuni corrono subito dal medico per delle analisi mentre altri, più pigri o coraggiosi, attendono che il problema si risolva da sè. In futuro è possibile che il nostro intestino sia sorvegliato dall’interno e che le alterazione dell’ambiente intestinale che inducono patologie come la malattia di Crohn, la celiachia e il cancro al colon-retto siano rilevate da alcuni batteri Escherichia coli modificati geneticamente per essere predisposti a segnalare queste anomalie. Ai pazienti più pigri e a quelli più ansiosi verranno risparmiate pratiche invasive come la colonoscopia e basterà ingerire una capsula contenente batteri per ottenere dei risultati.
Si tratta di uno studio di qualche anno fa descritto in un articolo pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” che ha scommesso sulla riprogrammazione genetica di ceppi di batteri intestinali. L’ E. Coli è un batterio comune nel nostro habitat intestinale, nel suo genoma sono stati introdotti i geni dell’interruttore genetico cl/Cro del fago lamda, un virus che infetta i batteri di questo genere. È stato, poi, adattato l’interruttore virale in modo tale che scattasse in presenza di un antibiotico nell’ambiente intestinale del batterio ed è stato accertato che il batterio modificato sopravvivesse nell’intestino.
L’esperimento ha avuto ottimi risultati non solo in vitro ma anche nei test effettuati sui roditori nel quale il batterio riusciva a resistere per un’intera settimana. Per l’esperimento in vitro è stato utilizzato l’antibiotico inattivo anidro tetraciclina in grado di innescare i geni dei fagi così da attivare la produzione delle proteine Cro. In assenza di anidrotetraciclina i geni dei fagi batterici producevano proteine cl. Trasferendo tale sistema di interruttore genetico a un ceppo di E. Coli isolato e dando da mangiare al topo una capsula contente questi batteri ingegnerizzati è stato possibile osservare gli stessi ottimi risultati in vivo. Dalle analisi delle feci di topo è stato osservato che il ceppo si era impiantato nell’intestino animale iniziando a produrre proteine cl. Dopo aver somministrato ai topi anidrotetraciclina, l’ E. Coli raccolto dalle feci dell’animale aveva prodotto concentrazioni maggiori di proteina Cro. Questo ha suggerito che l’interruttore genetico era stato attivato dall’esposizione dell’antibiotico, proprio come era stato osservato in vitro.
Questo sistema di segnalazione genetico può operare in modo stabile dentro un organismo vivente per monitorare l’ambiente interno senza alcun processo invasivo.
di Alice Marcantonio
fonte: “PNSA”