Entamoeba histolytica

Il parassita di cui parliamo oggi, Entamoeba histolytica, causa l’amebiasi nell’uomo. Sebbene questa infezione sia solitamente confinata all’intestino, in alcuni casi può diffondersi ad altri organi con esito funesto.

Caratteristiche generali

Entamoeba histolytica è un protozoo intestinale appartenente al gruppo di organismi comunemente conosciuti come amebe. Il genere Entamoeba include anche varie specie non patogene che colonizzano l’intestino umano, tra cui Entamoeba dispar, Entamoeba coli, E. moshkovskii, E. hartmanni e E. polecki. Tutte queste amebe infettano l’uomo attraverso acqua o cibo contaminati da materiale fecale, e più raramente tramite contatto oro-fecale diretto o sessuale. Entamoeba histolytica è presente in tutto il mondo ma è più comune nelle aree tropicali o con scarse condizioni igieniche o socio-economiche.

Filogenesi

DominioEukaryota
RegnoProtista
PhylumSarcomastigophora
ClasseRhizopodea
OrdineAmoebida
FamigliaEntamoebidae
GenereEntamoeba
SpecieE. histolytica
Tabella 1 – Filogenesi di E. histolytica

Ciclo vitale

Entamoeba histolytica è un parassita monoxeno (a ciclo vitale diretto), che si trasmette attraverso l’ambiente a un solo tipo di ospite (l’uomo) (Figura 1). Il ciclo inizia quando le cisti vengono ingerite dall’ospite. Le cisti si schiudono nell’intestino tenue (un processo chiamato excistamento) e rilasciano i trofozoiti. I trofozoiti migrano nell’intestino crasso, rimanendo nel lume intestinale o colonizzando la mucosa. In quest’ultimo caso i trofozoiti possono raggiungere altri organi (fegato, polmoni, cervello) tramite la circolazione sanguigna. Nel lume intestinale i trofozoiti si moltiplicano e alcuni si differenziano nelle cisti (un processo chiamato incistamento). Le cisti vengono quindi espulse all’esterno nelle feci, e grazie al loro guscio protettivo possono rimanere infettive nell’ambiente fino a diverse settimane. Il ciclo ricomincia quando le cisti vengono ingerite da un nuovo ospite.

Ciclo vitale di Entamoeba histolytica
Figura 1 – Ciclo vitale di Entamoeba histolytica (fonte: Wikipedia).

Morfologia strutturale

Entamoeba histolytica attraversa due stadi di sviluppo morfologicamente e metabolicamente distinti:

  • La ciste rappresenta lo stadio “dormiente”, che si origina nell’intestino crasso e viene rilasciato nell’ambiente esterno con le feci. Le cisti, sferiche, hanno un diametro di circa 12-15 micrometri e possiedono da uno (se immature) a quattro nuclei (se mature). Il nucleo presenta un cariosoma grande e puntiforme, e una membrana nucleare con cromatina periferica uniformemente distribuita. Nel citoplasma possono essere presenti corpi cromatoidi, vacuoli o masse di glicogeno.
  • Il trofozoita rappresenta lo stadio metabolicamente attivo e mobile, con dimensioni variabili e forma irregolare e tipicamente ameboide. Il trofozoita presenta in genere un solo nucleo (se non è in divisione), e il citoplasma può contenere batteri, lieviti o globuli rossi.   
Morfologia delle cisti e dei trofozoiti di Entamoeba histolytica
Figura 2 – Stadi di sviluppo di Entamoeba histolytica. (A) Ciste in preparato a fresco; (B) Ciste colorata con soluzione di Lugol (iodio) (notare il nucleo e la massa di glicogeno); (C-D) Trofozoiti (notare la presenza di globuli rossi nel citoplasma). Fonti: CDC, Wikipedia.

Patogenesi

L’infezione è nella maggior parte dei casi asintomatica, con passaggio delle cisti nelle feci.

L’invasione dei tessuti del colon da parte dei trofozoiti è accompagnata da crampi addominali, flatulenza, diarrea intermittente o stipsi. Ai tropici è frequente la dissenteria amebica, che consiste tipicamente nell’emissione di feci semiliquide con sangue e muco, dolorabilità addominale e febbre. Si può verificare anche un’infezione cronica a carico del colon, che da un punto di vista clinico si presenta in maniera simile a malattie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn e colite ulcerosa).

Nei casi più gravi, quando i trofozoiti invadono altri tessuti e organi, si possono creare ascessi a carico del fegato (più frequente), polmoni o cervello (amebiasi extraintestinale).

La patologia è dovuta all’espressione di vari fattori di virulenza da parte dei trofozoiti.

Metodi di identificazione

La diagnosi si basa sull’osservazione microscopica delle cisti o dei trofozoiti (espulsi nelle feci semiliquide durante gli episodi dissenterici), in feci a fresco o conservate in formalina o altri fissativi. L’uso di coloranti come la soluzione di Lugol (iodio) o la colorazione tricromica possono aiutare nell’identificazione delle strutture citoplasmatiche.

Le caratteristiche morfologiche da valutare includono la forma (sferica) e le dimensioni delle cisti (12-15 micrometri) e il numero di nuclei (massimo quattro). In particolare, E. histolytica va distinta dalla specie affine non patogena Entamoeba coli (che presenta cisti di 20-25 micrometri, contenenti fino a otto nuclei).

È importante considerare che Entamoeba histolytica è morfologicamente indistinguibile dalle specie non patogene Entamoeba dispar e Entamoeba moshkovskii. Il quadro clinico e il ritrovamento di trofozoiti contenenti globuli rossi (caratteristica tipica di E. histolytica) possono aiutare nel raggiungimento della diagnosi. Tuttavia, le tre specie possono essere differenziate solo tramite l’uso del test molecolare della PCR.

Sono disponibili test immunoenzimatici (EIA) e immunocromatografici per la rilevazione dell’antigene del parassita in feci fresche o congelate (non fissate). Tuttavia, questi test non consentono di differenziare tra E. histolytica e le specie non patogene.

L’amebiasi extraintestinale può essere diagnosticata tramite esame radiologico o test sierologico. Gli anticorpi si trovano in circa il 95% dei pazienti con un ascesso epatico amebico, ma poiché persistono per mesi o anni non consentono di discriminare tra infezioni attive e pregresse.

Terapia

Per il trattamento delle infezioni intestinali ed extraintestinali (trofozoiti), si consiglia metronidazolo o tinidazolo (quest’ultimo generalmente più tollerato) accompagnati a interventi di reidratazione con liquidi ed elettroliti nei casi più gravi.

Per l’eliminazione delle cisti (meno sensibili ai farmaci indicati sopra) e il trattamento dei portatori asintomatici si consigliano paromomicina, iodochinolo o diloxanide furoato.

Prevenzione

Evitare la contaminazione delle acque o del cibo con feci umane, ed il consumo di cibi crudi o acqua non trattata in aree con scarse condizioni sanitarie. Bollire l’acqua o utilizzare filtri o composti disinfettanti (a base di iodio o cloro) per eliminare le cisti.

Fonti

  • CDC DPDX
  • MSDS
  • Atlante dei protozoi umani
  • Carrero JC, Reyes-López M, Serrano-Luna J, et al. Intestinal amoebiasis: 160 years of its first detection and still remains as a health problem in developing countries. Int J Med Microbiol. 2020;310(1):151358. doi:10.1016/j.ijmm.2019.151358
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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