La Leishmaniosi è una malattia causata da venti specie diverse di protozoi del genere Leishmania e trasmessa dalle punture di almeno una trentina di diverse specie di moscerini flebotomi (mosca della sabbia, sandfly). Questa malattia è talmente diffusa da rappresentare una vera preoccupazione per l’Organizzazione mondiale della sanità, che ha messo a punto un piano internazionale di sorveglianza per controllarla. La Leishmaniosi è assai frequente tra gli animali, soprattutto tra i cani, ma può colpire anche in forma grave gli esseri umani, in particolare gli individui immunodepressi come le persone sottoposte a trapianto e pazienti con AIDS. Negli esseri umani, la leishmaniosi si manifesta sotto quattro forme, con diversi sintomi ma sempre con effetti potenzialmente devastanti:
- cutanea: è la forma più diffusa e presente, e si manifesta con la produzione di numerose lesioni, anche oltre 200 in un solo malato, sulle parti esposte del corpo, dalle braccia alle gambe fino al viso, lasciando cicatrici permanenti.
- cutanea diffusa: simile alla precedente ma con lesioni molto più estese sul corpo. In questa forma, non c’è possibilità di guarigione delle lesioni senza trattamento.
- mucocutanea: si manifesta sotto forma di lesioni distruttive, anche molto estese, delle mucose del naso, della bocca e della cavità orale.
- viscerale: è la forma più grave, conosciuta anche come kala azar. Se non trattata, può raggiungere una mortalità praticamente del 100 per cento. Si manifesta con febbri irregolari e improvvise, perdita di peso, epatosplenomegalia, anemia.
La leishmaniosi, diffusa in tutto il mondo tranne che in Oceania e Antartide, è presente anche in Italia. Nel sud della Sardegna ne è affetto quasi il 95% dei cani: un dato preoccupante perché il cane è appunto il principale “serbatoio” per i protozoi responsabili della parassitosi. In questo ambito, è stata recentemente annunciata l’importante scoperta del prof. Giovanni Floris, ordinario di Biochimica e Biologia molecolare dell’Università di Cagliari, che ha coordinato un team di ricercatori di cui fanno parte anche la prof.ssa Rosaria Medda e i dott. Francesca Pintus, Delia Spanò e Silvia Massa. Il gruppo di ricercatori ha isolato una molecola naturale che riduce del 95% la crescita e la moltiplicazione dei protozoi che causano la Leishmaniosi; nello specifico, sono state utilizzate proteine purificate dal lattice dell’Euphorbia characias, un arbusto presente in tutto il territorio della Sardegna. Gli scienziati cagliaritani hanno potuto contare sulla collaborazione dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale della Sardegna, diretto dal dr. Manuele Liciardi. In futuro, quindi, i nostri cuccioli (e non solo) potranno giocare liberamente all’aperto senza avere il timore del pappatacio in agguato.
Fabrizio Visino
Fonte: unical