La parola:”Farmaco”(in Inglese:”Drug”) identica generalmente qualunque sostanza capace di provocare in un organismo modificazioni funzionali mediante un’azione chimica o fisica.
Il concetto di farmaco è antico quanto l’uomo stesso: se tuttavia fino a poco più di cinquant’anni fa l’effetto dell’assunzione di particolari sostanze o di certi alimenti e bevande sul corpo umano era conosciuto principalmente solo per via empirica (attraverso cioè la semplice esperienza diretta), al giorno d’oggi il processo che porta alla scoperta ed all’identificazione di nuove molecole bioattive e da queste allo sviluppo ed alla formulazione di nuovi farmaci veri e propri é molto diverso e parte (e non può prescindere) dalle più moderne e recenti scoperte scientifiche e tecnologiche nel campo delle scienze biologiche e della chimica: basti pensare ad esempio che la scoperta di farmaci per il trattamento dell’AIDS è avvenuta in parallelo con l’avanzamento della conoscenza sulla patogenesi e sul ciclo vitale del virus responsabile.
Questo campo di ricerca è quindi diventato un settore connotato da forte interdisciplinarietà dove professionisti e scienziati con competenze anche diverse tra loro (chimici,biologi, persino fisici) lavorano spesso fianco a fianco nelle diverse fasi e sono chiamati ad interfacciarsi con i medici, che ne sono i conduttori ed esaminatori finali.
Il processo di scoperta e sviluppo di nuovi farmaci ha avuto una forte crescita in questi ultimi anni, in conseguenza sia proprio degli avanzamenti nelle conoscenze scientifiche nel campo delle scienze biologiche e della chimica da parte degli organi accademici (università), sia degli enormi investimenti economici nel campo della ricerca scientifica da parte delle industrie farmaceutiche; con episodi di collaborazione o casi di sinergia a volte anche molto forti tra queste due differenti realtà, specie in alcuni paesi europei (quali ad esempio la Germania e la Svezia) ed extraeuropei (come gli Stati Uniti).
Lo sviluppo di nuovi farmaci è un percorso difficile, molto lungo (richiede circa dieci anni o anche più per un solo farmaco!), costoso (sviluppare un singolo farmaco costa circa un miliardo di dollari) e delicato ed è strettamente regolamentato in ogni sua singola fase da apposite normative, al fine di garantire la tutela e la salute dei soggetti coinvolti e di proteggere la proprietà intellettuale della scoperta, che può sfociare in un brevetto e tradursi cosi’ in un guadagno diretto sia per l’investitore che finanzia la ricerca che per chi l’ha condotta.
L’intero processo si articola solitamente in sei fasi successive.
Trattandosi di una tematica complessa, specie per i “non addetti ai lavori” , non si entrerà troppo nel dettaglio e nelle specifiche di ogni singola fase e ci si limiterà a fornire una visione d’insieme di ciascuna, cosi’ da illustrare almeno l’idea principale del metodo utilizzato.
1- Identificazione e caratterizzazione del principio attivo
E’ condotta nei laboratori delle Università o nei reparti di Ricerca e Sviluppo delle aziende farmaceutiche e può avvenire in molti modi diversi. Il punto di partenza sono però sempre i dati derivanti dalle osservazioni cliniche,i risultati di studi di genetica molecolare e di funzione genica, nonché le attuali conoscenze di genomica e proteomica già disponibili e presenti in letteratura, che permettono d’individuare il bersaglio su cui il farmaco desiderato dovrà agire: per esempio, un gene mutato collegato ad una certa patologia; un enzima deficitario o troppo attivo nel caso di un’altra; un recettore cellulare di membrana da attivare o bloccare correlato all’insorgere di specifiche sintomatologie; una molecola o un enzima importante per il metabolismo (e la sopravvivenza) di un microrganismo patogeno responsabile d’infezione; etc…
Identificato il bersaglio (target), si passa alla progettazione ed allo studio delle caratteristiche che il principio attivo dovrà avere attraverso una modellizzazione virtuale al computer: mediante appositi software viene studiata la struttura molecolare precisa del target (solitamente già disponibile da ricerche precedenti) ed il tipo d’interazione che esso, sulla base di questa, dovrà instaurare con una teorica molecola che costituirà il prototipo del principio attivo ideale (è il cosiddetto:”Drug Design”, una disciplina che fa parte di quella più ampia della Chimica Farmaceutica).
La molecola teorica può essere sia disegnata ex novo in base al target specifico sia, molto più spesso, scelta sulla base delle caratteristiche desiderabili individuate attraverso uno screening da librerie di molecole già esistenti (raccolte e catalogate in database accessibili agli addetti ai lavori), che presentano un alto numero di varianti nella loro struttura fondamentale. Al giorno d’oggi in particolare c’è molto interesse per lo screening di molecole spesso già utilizzate e presenti in commercio come principi attivi di farmaci specifici, perchè non è raro che si scoprano nuovi usi per molecole già note da tempo ed utilizzate magari per il trattamento di patologie completamente diverse da quelle che riguardano un certo target: un esempio al proposito è dato dal miconazolo, un farmaco utilizzato da anni come antifungino che si è rivelato recentemente anche un promettente candidato per il trattamento della sclerosi multipla, in quanto stimola la riparazione di quei particolari danni ai neuroni propri di questa malattia. La molecola identificata in questa fase è detta:”lead compound” o composto guida.
Solo una volta realizzata questa fase si può effettuare la sintesi chimica della molecola reale cosi’ identificata, passando dal computer al laboratorio vero e proprio: in questo passaggio spesso il lead compound è ulteriormente modificato sia per ottimizzarlo ulteriormente sia per risolvere eventuali problematiche di tipo chimico sintetico che possono presentarsi. (Fig.1)
2- Fase preclinica (farmacologia e tossicologia animale)
Dapprima, utilizzando colture cellulari opportunamente scelte in base alla loro caratteristiche, si studia l’effetto che la somministrazione di questo principio attivo ha sulla loro fisiologia e sulla biochimica, effettuando saggi in vitro quali ad esempio il bioassay (che permette di determinare come varia la concentrazione di una certa sostanza prodotta dalle cellule in risposta alla somministrazione del futuro farmaco identificato,oppure di stabilire la risposta biologica che esso è in grado di generare); screening proteomici appositi (per determinare come invece si modifica nel tempo l’espressione dei loro geni), etc.. In questa prima fase si costruisce una generica curva dose- risposta per il farmaco, mettendolo a confronto con altri simili già esistenti o con campioni cellulari non trattati. Successivamente si effettuano gli studi cosiddetti “in vivo”, in cui sono coinvolti modelli animali tipici (murini in particolare, ma non solo), spesso transgenici, per simulare e studiare tutte le fasi che il farmaco deve affrontare prima di raggiungere il suo sito d’azione vero e proprio quando viene somministrato e caratterizzarne cosi’ il comportamento completo in un organismo vivente e complesso (in cui avvengono anche assorbimento, distribuzione, metabolismo della molecola e meccanismo d’escrezione finale: aspetti che le colture cellulari non permettono d’evidenziare). Inoltre s’ identificano eventuali possibili tossicità e si stabiliscono indicativamente le soglie di dosaggio necessarie perchè esso sia efficace (si perfeziona, cioè, la curva dose-risposta ottenuta negli studi in vitro affinchè sia applicabile ad un organismo animale). E’ una fase molto lunga, difficile e complessa in cui non pochi lead compounds, sebbene promettenti durante i saggi in vitro, vengono scartati perchè purtroppo mal assimilati o addirittura neutralizzati dal normale metabolismo fisiologico prima di poter raggiungere il tessuto in cui dovrebbero esplicare la loro azione ed interagire con il target. (Fig.2)
3- Autorizzazione alla sperimentazione clinica (A.S.C.): una volta raccolti tutti i dati ottenuti dalle due fasi precedenti, viene compilato un dossier da presentare ad apposite autorità competenti che decidono se il potenziale farmaco abbia caratteristiche tali da autorizzarne la sperimentazione sull’uomo attraverso la Sperimentazione Clinica su un campione selezionato.
4- Sperimentazione Clinica o “Clinical Trial” (suddivisa in fase I, II, III): ha lo scopo di determinare l’efficacia e la vera potenza farmacologica del principio attivo sull’uomo, gli eventuali effetti collaterali ed il suo grado di tossicità effettiva. Serve inoltre a stabilire lo schema di dosaggio del futuro farmaco ed infine anche la miglior forma farmaceutica possibile per esso (compressa, capsula, sciroppo, preparato per uso topico, etc…se le caratteristiche chimico fisiche del principio attivo permettono di sceglierla con una certa libertà, ovviamente). Lo scopo è dimostrare la superiorità del trattamento terapeutico effettuato col principio attivo piuttosto che col trattamento standard già in uso nella pratica clinica. E’ strettamente regolata da normative molto rigide e severe che hanno il fine precipuo di garantire innanzitutto il benessere e la sicurezza di coloro che vi si sottopongono (tutti volontari) e che sono universalmente codificate in un codice di comportamento (detto:”GCP- Good clinical practice”). Fa ampio uso sia di metodologie biochimiche cliniche (analisi del sangue,urine, etc..) che statistiche (tutti i dati raccolti vengono attentamente analizzati tramite strumenti informatici e matematici appositi) ed è condotta da équipes congiunte di medici e scienziati (Fig.3)
Si articola in tre parti:
a) la fase I avviene su volontari sani in piccolo numero (da 20 ad 50) oppure su pazienti molto gravi nei quali il trattamento classico per la loro patologia si è rivelato inefficace o poco responsivo. Dura massimo due anni e permette di stabilire lo schema di dosaggio da utilizzare nelle fasi successive con la massima dose tollerata dall’uomo prima che si manifestino eventuali effetti tossici o collaterali. Quando è condotta sui soli volontari sani essa è volta tuttavia unicamente a stabilire, mediante somministrazione di dosi crescenti di farmaco, appunto la tossicità e gli effetti collaterali di quest’ultimo.
b) la fase II individua il vero rapporto dose/effetto del futuro farmaco in riferimento alla sua effettiva efficacia terapeutica. Si utilizza un campione che va dai 100 ai 200 soggetti, tutti pazienti affetti dalla patologia in esame. Dura pochi anni anche in questo caso. In un apposito gruppo di controllo vengono inoltre effettuate prove somministrando un placebo anziché il principio attivo, per scoprire se eventuali miglioramenti segnalati dai pazienti siano dovuti ad autosuggestione piuttosto che al reale effetto della sostanza in esame.
c) la fase III è la più lunga (dai 3 ai 4 anni ma può variare in base alla patologia oggetto di studio) e quella che coinvolge il campione più ampio di pazienti (dai 1000 ai 3000) . Deve confermare (o smentire) tutti i dati precedentemente raccolti sui campioni più ristretti ed individua inoltre possibili interazioni tra la somministrazione del principio attivo e quella concomitante di altri farmaci già in uso, nella terapia oggetto d’esame e non.
5- Autorizzazione all’Immissione in Commercio (A.I.C.): se il farmaco supera tutte le fasi precedenti, il dossier coi risultati raccolti nel corso dei Trials Clinici può essere presentato presso gli enti che, soli, possono fornire l’autorizzazione per la sua immissione in commercio (FDA, “Food&Drug administration” in America e l’Ema, “European Medical Agency” in Europa).
6- Fase “Post Marketing” (anche detta Fase IV): una volta immesso in commercio il farmaco non è mai abbandonato a se stesso ma si continua a monitorarne il comportamento durante l’utilizzo da parte della popolazione; essa infatti costituisce idealmente un campione allargato e tale da poter fare emergere problematiche di tollerabilità e tossicità che neppure gli studi accurati condotti nei trials clinici hanno riscontrato, a causa dell’estrema variabilità individuale,prima di tutto genetica ma anche legata a stili di vita o patologie concomitanti,di ogni singolo individuo rispetto ad un altro; sono problematiche che hanno una frequenza ed incidenza statisticamente molto bassa ma comunque sempre possibili. Esistono programmi di monitoraggio messi in atto delle autorità pubbliche o dalle stesse aziende farmaceutiche che coinvolgono esperti che si occupano a tempo pieno di tale aspetto: sono i cosiddetti “Farmacovigilanti”. Essi hanno il compito di raccogliere dati sugli effetti imprevisti del farmaco durante il suo utilizzo da parte del pubblico e, se la situazione lo richiede, anche di bloccare o revocare l’immissione in commercio di un prodotto che si credeva sicuro a seguito della scoperta di una sua marcata e pericolosa tossicità.
Lo schema del processo di ricerca e sviluppo di un farmaco qui illustrato, benchè sintetico e sicuramente ulteriormente approfondibile in ognuno dei vari punti presentati, racchiude comunque i maggiori principi del metodo utilizzato allo stato attuale dell’arte; in questo articolo si è cercato di presentarne i lineamenti generali, senza alcuna pretesa di entrarne nei dettagli e di voler esaurire l’intero, vastissimo ed affascinante argomento, quanto con l’intento di avvicinare e stimolare ulteriormente la curiosità al riguardo di chi finora si è sempre interrogato su come esso avvenisse.
Si confida pertanto che, l’occasionale lettore di questo articolo che sia proprio un “Addetto ai lavori” di questo settore,che ha tutta la stima e l’umile attenzione di chi scrive, perdonerà eventuali (secondo lui) mancanze e ricordi di essere davanti ad un articolo che ha principalmente scopo divulgativo e non tecnico manualistico.
Crediti delle immagini
Per lo schema delle fasi di studio che portano all’ identificazione e caratterizzazione del lead compound:
https://www.researchgate.net/figure/Representation-of-structure-based-drug-design_fig5_225033370
Per l’immagine dei topolini da laboratorio:
https://www.simplyscience.ch/geni-e-etica/articles/etica-e-la-sperimentazione-animale.html
(un sito che può interessare anche coloro che sono particolarmente attenti alle questioni etiche che la sperimentazione animale porta con sè)
Per il dottore intento ad osservare dei dati clinici:
http://www.crc.vr.it/RicercaClinica/RicercaClinica
(questo sito è inoltre un esempio di realtà che si occupa proprio di Ricerca Clinica e che afferisce all’Università di Verona ed all’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona e permette di entrare in contatto diretto coi professionisti che si dedicano a questo interessante e fervente campo di ricerca)