I biofilm sono agglomerati di batteri in strutture polisaccaridiche (matrici) contenenti oltre a polisaccaridi anche lipidi, proteine e acidi nucleici. La formazione di biofilm da parte di un batterio lo rende di gran lunga più resistente agli antibiotici, ne aumenta la sopravvivenza nell’ambiente e la virulenza nell’organismo infettato. Vibrio cholerae, l’agente causativo del Colera, è uno di quei patogeni in grado di vivere sia isolato, sia in comunità di biofilm e la formazione di biofilm risulta essere un importante fattore per il ciclo infettivo di questo patogeno. Recentemente è stato messo in luce un meccanismo essenziale per la corretta formazione e per l’architettura dei biofilm di questo microrganismo.
La proteina maggiormente indagata nello studio si chiama RbmA ed è stata messa sotto la lente d’ingrandimento della spettroscopia NMR (Spettroscopia a Risonanza Magnetica Nucleare). Quello che i ricercatori hanno osservato è che questa proteina interagisce con se stessa formando dei dimeri, i quali si possono trovare in due conformazioni distinte: disordinata (D) oppure ordinata (O). L’interazione con diversi componenti tra cui l’esopolisaccaride VPS sono risultati essenziali per stabilizzare i vari dimeri nella forma O, ma ancora più importante per una corretta architettura del biofilm si è vista essere la capacità di alternare le due conformazioni durante le varie fasi della crescita.
Mutando e bloccando la conformazione nello stato D oppure O è stato possibile osservare come nella conformazione O la produzione di biofilm sia inferiore, mentre nella conformazione D l’integrità del biofilm originaria si recuperi quasi del tutto. Questo ha spinto i ricercatori ad ipotizzare che l’interazione tra VPS e RbmA abbia una attività pro-architetturale nello sviluppo del biofilm: il dominio responsabile del legame al VPS e dell’oligomerizzazione necessaria a stabilizzare la proteina nella conformazione O è stato identificato in FnIII-2.
Osservando i mutanti in conformazione O (video, secondo e quinto da sinistra) è possibile notare una formazione iniziale molto simile al ceppo originale (wt = wild type. Primo da sinistra nel video), ma una successiva crescita più ordinata e liscia del biofilm, unita anche ad una minor quantità di VPS secreta (figura 1, in basso). Nei mutanti D (video, terzo e quarto da sinistra) che mantengono invece la struttura rugosa, è stato osservato che i batteri si dispongono più ravvicinati e orizzontali, l’architettura del biofilm è meno ordinata, ma la sua produzione è maggiore (figura 1, in alto).
Presi insieme questi risultati sembrano dimostrare come la conformazione O sia importante nelle prime fasi di contatto alla matrice e formazione iniziale dell’architettura del biofilm, in quanto la concentrazione ancora bassa di VPS favorisce il legame alla sola forma O stabile. Con la progressione della crescita poi, vengono secrete delle proteasi che riportano RbmA in conformazione D. Il legame con il VPS alla conformazione D viene comunque mantenuto grazie ad una maggior presenza di VPS stesso nelle fasi successive della crescita della matrice; la conformazione D permette poi anche una maggior crescita della struttura, in particolare consentendo un maggior spazio di deposizione di matrice ed è quindi critica per la progressione del biofilm.
Ulteriori studi saranno necessari per sviscerare i meccanismi precisi e quali componenti del VPS sono essenziali per il legame a RbmA, ma quello che si sa fino ad ora già ci mostra come V. cholerae sia un ottimo progettista di biofilm e RbmA un’eccellente molecola architetto!
Roberto Amadio
Bibliografia ed approfondimenti
- Fong, JC. et al, 2017. “Structural dynamics of RbmA governs plasticity of Vibrio choleraebiofilms”. eLife; 6: e26163 DOI: 10.7554/eLife.26163
- Ashley York, 2017. “The architect of the biofilm”. Nature Reviews Microbiology doi:10.1038/nrmicro.2017.127
Credits foto e video
- Fong, J. C. Et al, 2017. “Structural dynamics of RbmA governs plasticity of Vibrio choleraebiofilms”. eLife; 6: e26163 DOI: 10.7554/eLife.26163
- Disegno riadattato dall’immagine nell’articolo di Ashley York, 2017.