Tatuaggi “viventi” grazie a batteri stampati in 3D

I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT), coordinati dal Prof. Xuanhe Zhao (Fig. 1), hanno creato il primo tatuaggio “vivente” al mondo combinando tra loro due scoperte scientifiche innovative rappresentate da cellule batteriche geneticamente modificate e da una nuova tecnica di stampa tridimensionale descritta sulla rivista Advanced Materials.

Figura 1 – Fotografia del Prof. Xuanhe Zhao del Soft Active Materials Laboratory presso il MIT.

I creatori di questa promettente tecnologia hanno definito il tatuaggio “vivente” in quanto è realizzato con un inchiostro contenente batteri in grado di reagire ad una serie di stimoli. Nella fattispecie, il tatuaggio adesivo è in grado di illuminarsi e/o cambiare colore in presenza di particolari sostanze chimiche presenti sulla pelle su cui viene applicato.

Il primo passo è stato studiare le cellule più idonee a questo tipo di applicazione biotecnologica. Inizialmente sono state utilizzate cellule viventi di mammiferi, tuttavia questi studi hanno avuto scarso successo in quanto le cellule eucariotiche morivano durante il processo di stampa. Per questo motivo i ricercatori del MIT hanno deciso, successivamente, di concentrare la propria attenzione sulle cellule procariotiche in grado di sopravvivere in primo luogo allo stress meccanico del passaggio attraverso l’ugello di stampa e alla forza impressa dal meccanismo 3D ed in secondo luogo alle condizioni ambientali relativamente difficili dell’adesivo. Inoltre, i batteri, a differenza delle cellule di mammifero, sono compatibili con la maggior parte degli idrogel (miscele gelatinose di acqua e polimeri) utilizzati per la creazione della struttura 3D del tatuaggio in quanto possono fornire un ambiente acquoso, additivato con sostanze nutritive, idoneo per la vita cellulare.

Il primo tatuaggio “vivente” realizzato è stato un sottile e trasparente adesivo di materiale elastomero modellato a forma di albero contenente specie differenti di batteri vivi (Fig. 2).

Figura 2 – Il primo tatuaggio “vivente” stampato in 3D. È stato realizzato utilizzando batteri geneticamente modificati sensibili a precisi stimoli di natura chimica.

Ogni ramo è stato riempito da cellule geneticamente modificate sensibili ad un preciso composto chimico e quando l’adesivo ha aderito alla pelle che è stata precedentemente esposta ai diversi composti chimici attivatori (es. N-acil-omoserina-lattoni, AHL), le diverse regioni dell’albero si sono illuminate con delle colorazioni differenti a seconda delle diverse specie batteriche iniettate (Fig. 3).

Figura 3 – Rappresentazione del meccanismo molecolare alla base della colorazione del tatuaggio “vivente”: nel momento in cui le differenti specie batteriche geneticamente modificate entrano in contatto con specifici messaggeri chimici presenti sulla cute su cui viene applicato l’adesivo, vengono prodotte specifiche proteine (es. Green Fluorescent Protein, GFP) in grado di permeare attraverso la struttura idrogel e generare la colorazione del tatuaggio.

Inoltre, la struttura 3D a base di idrogel con cui è stato realizzato questo “bio-tatuaggio” è fortemente elastica e resistente come mostrato in Figura 4.

Figura 4 – Fotografie mostranti la capacità del tatuaggio “vivente” di resistere ai principali stress meccanici a cui è sottoposta solitamente la pelle.

In realtà, l’obiettivo finale di questi studi e di questa tecnologia consiste nel realizzare nuovi sistemi di drug delivery per trasportare i farmaci direttamente ed in maniera altamente selettiva a quelle cellule del nostro organismo che devono essere curate. Inoltre, una applicazione più semplice da implementare potrebbe essere la realizzazione di nuovi sensori biologici sensibili a luce, pH, temperatura o inquinanti ambientali in grado, ad esempio, di monitorare parametri vitali in concomitanza con il cambio della temperatura o del pH della pelle.

Infine, i creatori di questa tecnica hanno ipotizzato una applicazione molto più futuristica: creando strutture complesse contenenti molte differenti cellule opportunamente ingegnerizzate, si potrebbero realizzare strutture comunicanti tra loro, in una maniera analoga ai transistor su un microchip, con la possibilità di creare una sorta di computer vivente.

 

Sitografia

Crediti immagini

  • https://youtu.be/V7aef0LHA_E
  • http://www.repubblica.it/scienze/2017/12/06/news/dal_mit_il_tatuaggio_vivente_stampato_in_3d_diventa_interattivo-183253252/
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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