Presenza di microplastiche nel sale di origine marina: cause e possibili rimedi

L’inquinamento dei mari rappresenta ad oggi una delle più importanti problematiche ambientali, molto spesso legate alla produzione, al consumo e alla gestione dei rifiuti plastici. Prima di poter comprendere a pieno i rischi e come sviluppare delle strategie di monitoraggio, si deve capire quali sono le cause che costringono le industrie, soprattutto alimentari, all’impiego della plastica e dei suoi polimeri associati.

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Il vantaggio di polimeri industriali

Effettivamente polimeri quali PET, PE, PPT offrono molti più vantaggi nel confezionamento degli alimenti rispetto alla carta o ad altri materiali ecocompatibili. Questi permettono una maggiore resistenza meccanica e un miglior isolamento termico. Basti pensare, ad esempio, all’impatto che un urto avrebbe durante il trasporto di prodotti alimentari confezionati in cartone, piuttosto che in PET O PPT. Ma anche alle deformazioni che il cartone potrebbe subire a causa del rilascio di liquidi da parte dell’alimento.

Le microplastiche nel sale e nelle acque

Se, tuttavia, da un lato si ha un vantaggio che ad oggi rende quasi insostituibile la plastica per il packaging dei prodotti alimentari, dall’altro ci sono delle conseguenze importanti per l’ambiente, con il rischio di trovare dei derivati di microplastiche secondarie (distinte dalle primarie poiché derivanti dalla degradazione meccanica dei rifiuti plastici) e nanoplastiche all’interno delle acque dei mari. Questo spesso viene associato al rischio di contaminazione di prodotti della pesca, ma raramente si parla della possibilità di trovare residui anche nel sale di origine marina, quale ingrediente/additivo alimentare ottenuto attraverso dei processi di concentrazione basati sull’ estrazione e/o evaporazione delle acque saline.

L’analisi delle microplastiche nel sale

A questo proposito, l’analisi delle microplastiche nel sale è poco contemplata dalla letteratura scientifica, sebbene esso si ottenga in gran parte dell’evaporazione dell’acqua di mare, dove le microplastiche sono molto abbondanti, senza considerare poi che si tratta di uno degli additivi maggiormente utilizzati in cucina e presente sulla stragrande maggioranza degli alimenti offerti al consumatore.

La scoperta

D’altra parte la scoperta della presenza di microplastiche nel sale alimentare è molto recente, con i primi studi citati dalla letteratura condotti nel 2015. Da allora l’interesse per l’argomento è cresciuto notevolmente, con approfondimenti che riguardano soprattutto i processi di accumulo delle microplastiche nel sale marino. Di fatto è stato notato che la presenza dei suddetti polimeri all’interno del sale marino sia molto più elevata rispetto al sale ottenuto dall’estrazione in miniera, in quanto dipende dal contenuto di microplastiche presenti nell’acqua di mare impiegata.

Conclusioni

Questo significa che quanto più è concentrata la plastica in acqua, tanto più sarà presente nel sale ottenuto a seguito dell’evaporazione. In tutto ciò comunque il processo produttivo sembra giocare un ruolo fondamentale sulla contaminazione del sale, poiché è ipotizzabile che l’aumento della densità delle acque che avviene nelle vasche di evaporazione dove il sale è ricavato, impedisca la precipitazione delle microplastiche leggere, ad eccezione però di quelle che vengono inglobate dai cristalli di sale, che precipitano prima del cloruro di sodio per via del loro peso specifico. Tuttavia questo aspetto non è stato ancora del tutto investigato e meriterebbe di sicuro degli approfondimenti, più che altro nell’ottica di un’ottimizzazione del processo.

In riferimento a quest’ultimo, il sale ad uso alimentare viene talvolta sottoposto ad una raffinazione industriale per ridurre le impurità quali sabbia, solfato di calcio e solfato di magnesio, ovvero un processo in cui il sale viene sciolto in acqua generando una soluzione satura per poi farlo riprecipitare in condizioni controllate. Si tratta di un procedimento non ancora studiato per eliminare le microplastiche dal sale alimentare, ma che potrebbe essere uno spunto importante per la ricerca proprio per far fronte ad una problematica ad oggi irrisolta ed emergente. 

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Fonti

  • Rathnayaka, D. D. T., Vidanage, P. W., Wasalathilake, K. C., Wickramasingha, H. W., Wijayarathne, U. P. L., & Perera, S. A. S. (2013). Development of a process to manufacture high quality refined salt from crude solar salt. International Scholary and Scientific Research & Innovation, 7(12), 17-22.,
  • Yang, D., Shi, H., Li, L., Li, J., Jabeen, K., & Kolandhasamy, P. (2015). Microplastic pollution in table salts from China. Environmental science & technology, 49(22), 13622-13627.
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  • Khuyen, V. T. K., Le, D. V., Anh, L. H., Fischer, A. R., & Dornack, C. (2021). Investigating the Correlation of Microplastic Pollution Between Seawater and Marine Salt Using Micro-Raman Spectroscopy. Frontiers in Marine Science, 8.
  • Fontanella L.U., Ricerca e caratterizzazione di micro e nanao plastiche in alimenti, fluidi biologici e ambienti lavorativi del settore plastico [Tesi di dottorato], Sapienza Università di Roma: Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali – Dipartimento di Chimica, 2023.
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.