Sbadiglio: tutti gli aspetti legati a questo gesto

Lo sbadiglio e l’atto di sbadigliare

A tutti noi, in particolari momenti della giornata, sarà capitato di provare quella sensazione strana… un pizzicore in gola, gli occhi che si inumidiscono e l’esigenza irrefrenabile di sbadigliare.

Ma cosa si cela dietro a questo riflesso parzialmente incontrollato?

Partiamo dal principio: Lo sbadiglio, dal punto di vista fisico, consiste in una profonda inspirazione seguita da una altrettanto notevole espirazione. Nella prima fase si spalanca potentemente la mascella; in quella successiva, si verifica un picco di contrazione muscolare della medesima zona ed una sua chiusura passiva.

I muscoli coinvolti in questo atto, sono:

  • toracici
  • diaframmatico
  • laringei
  • palatini

Lo sbadiglio è necessario per distribuire il surfactante (liquido) all’interno degli alveoli polmonari e, nell’uomo, esso produce l’allungamento del complesso muscoloscheletrico orofacciale, degli arti superiori e del tronco, ed è accompagnato dall’inclinazione del capo, chiusura degli occhi, lacrimazione, salivazione e apertura delle tube di Eustachio nell’orecchio medio. (Fig.1)

Sbadiglio
Figura 1 – sbadiglio

Inoltre, esso provoca un aumento di pressione e frequenza cardiaca, della conduttanza della cute, e l’attivazione della rete attenzionale del cervello.

La durata di ciascuno di essi si attesta tra i 4 e i 6 secondi, e se ne possono verificare tra 6 e 23 al giorno, a seconda del ritmo circadiano (ossia alternanza sonno-veglia) di ciascun individuo.

Lo sbadiglio da un punto di vista nervoso

Per ciò che concerne, invece, le strutture neurali implicate nel controllo di questo atto, esse sono localizzate all’interno del tronco encefalico. Inoltre, tramite recenti studi è stato dimostrato che la stimolazione elettrica del putamen, che presenta strette interconnessioni proprio col tronco encefalico e con le regioni corticali, induce lo sbadiglio nell’uomo.

Vi sono poi numerosi neurotrasmettitori che intervengono nella sua regolazione.

Quelli che lo inducono sono: dopamina, ossido nitrico, aminoacidi eccitatori, acetilcolina, serotonina, peptidi correlati all’ormone adrenocorticotropo, ossitocina. Inoltre, uno studio più recente ha identificato tre percorsi neurali, tutti convergenti ai neuroni colinergici dell’ippocampo, sempre implicati nella sua induzione.

Quelli che lo inibiscono, invece, sono i peptidi oppioidi.

Generalmente la gente sbadiglia in particolari momenti della giornata, cioè quando si sveglia o quando va a letto, per stanchezza o noia, dopo i pasti o per stapparsi le orecchie dopo aver viaggiato in aereo ad altitudini elevate.

Ma quali sono le sue funzioni effettive?

Cenni storici e teorie attuali

Il primo a formulare ipotesi sull’argomento è stato Ippocrate, secondo cui lo sbadiglio precede uno stato febbrile ed è un modo per eliminare l’aria cattiva dai polmoni.

Successivamente gli scienziati ipotizzarono che questo causasse un aumento della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna e dell’ossigenazione del sangue.

Ancora, un’altra teoria conferisce allo sbadiglio un ruolo cruciale nell’eccitazione cerebrale.

Più di recente, invece, il dottor Provine, importante nella ricerca sui comportamenti contagiosi, ha immaginato che esso possa essere associato alla variazione di uno stato comportamentale, ossia il passaggio veglia-sonno o noia-attenzione.

Gallup ha, invece, suggerito, che tale atto possa essere collegato alla temperatura del cervello: quando questo diventa più caldo rispetto alla temperatura omeostatica, si potrebbe dover sbadigliare per raffreddarlo. Si verificherebbe, perciò, nei fenomeni di termoregolazione. Addirittura, è stato dimostrato che esiste una correlazione tra la durata di uno sbadiglio, il peso medio del cervello e il numero di neuroni corticali.

Lo stesso Gallup ha ipotizzato altresì che lo sbadiglio possa dipendere anche dalla temperatura esterna: se questa è maggiore del normale, si sbadiglia meno. Altri esperimenti, però, hanno dimostrato che quando entrambe le temperature, esterna e cerebrale, sono aumentate, il numero di sbadigli aumenta.

Ancora, un’altra ipotesi attualmente accreditata (al pari di quelle relative alla temperatura cerebrale ed esterna) è quella che attribuisce allo sbadiglio un “riflesso di difesa” dell’orecchio, attivato dai repentini cambiamenti di altitudine che portano ad intrappolare aria nell’orecchio. In questo caso, l’equalizzazione tra la pressione dell’aria nell’orecchio medio e quella esterna avviene tramite l’apertura delle tube di Eustachio, sollecitate, come già accennato, proprio dallo sbadiglio.

Teorie e cause sociali

Vi sono poi, alla base di tale meccanismo, cause sociali.

La prima ipotesi, formulata da Guggisberg e Liang, e poi smentita a causa del basso controllo volontario di tale atto, sostiene che lo sbadiglio serva come strumento di comunicazione tra i membri di un gruppo.

La seconda afferma che le conseguenze neurofisiologiche dello sbadiglio possono impattare la collettività, se questo viene passato ai membri del gruppo. In accordo con tale teoria, variabili che alterano la frequenza degli sbadigli spontanei, hanno lo stesso effetto sulla diffusione degli sbadigli contagiosi.

Infine, la terza proposta è che lo sbadiglio possa aumentare la vigilanza collettiva e facilitare l’adattamento a stimoli esterni.

Queste teorie sottendono un’altra caratteristica cruciale dello sbadiglio, ossia la sua contagiosità.

Ma quali fattori vi contribuiscono?

Neuroni specchio, empatia e contagio emotivo

I neuroni specchio sono un tipo particolare di neuroni audio-visuo-motori, individuati nei primati e nell’uomo, che si attivano sia quando si svolge un’azione, sia quando viene osservata mentre viene compiuta da altri (purché questa rientri nel repertorio motorio della persona osservante). In quest’ultimo, essi sono stati localizzati, oltre che nelle aree motorie, anche in quelle relative al linguaggio ed al processamento delle emozioni. Tale sistema si attiva, oltre che con l’osservazione, anche con l’ascolto del suono prodotto da quella medesima azione.

Il legame tra i neuroni specchio e lo sbadiglio è stato verificato tramite Risonanza Magnetica Funzionale (FMRi), Stimolazione Magnetica Transcranica e, soprattutto, Elettroencefalogramma ed è la dimostrazione della capacità di comprensione ed immedesimazione che fa capo a tali strutture neurali. Nell’EEG, la soppressione delle onde Mu corrisponde all’attivazione del sistema dei Neuroni Specchio, ed è stata rilevata proprio durante lo sbadiglio contagioso.

Un’ulteriore conferma di tale legame consiste nelle ridotte abilità empatiche presenti negli individui affetti da Disturbi dello Spettro Autistico (ASD).

La capacità di immedesimazione è alla base di un altro meccanismo, ossia l’empatia (ma vi sono pareri contrastanti riguardo all’effettiva relazione tra questa e lo sbadiglio contagioso).

Essa è la capacità di porsi in maniera immediata nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona, di comprenderne immediatamente i processi psichici, ma senza coinvolgimento emotivo. (Fig. 2).

Empatia
Figura 2 – empatia

Lo sbadiglio e l’empatia

Il legame tra questa e lo sbadiglio contagioso è stato dimostrato tramite la verifica che le aree che si attivano quando si osserva qualcuno sbadigliare si attivano anche durante le interazioni empatiche. Inoltre l’empatia influenza il contagio di sbadigli in termini di tempo intercorso tra il primo sbadiglio e la risposta e soprattutto in termini di frequenza. Si parla, infatti, di “gradiente empatico”.

Un ulteriore aspetto correlato allo sbadiglio contagioso è, per l’appunto, il contagio emotivo.

Esso consiste nel fatto che le emozioni ed i comportamenti sperimentati da un soggetto fanno sperimentare comportamenti ed emozioni simili in altre persone. (Fig. 3)

Contagio emotivo
Figura 3 – contagio emotivo

Sbadiglio contagioso

Tale fenomeno inizia a verificarsi, nell’uomo, a 4-5 anni, quando cioè i bambini cominciano a sviluppare la capacità di identificare e processare le emozioni altrui. E’ molto ridotto o assente negli individui che presentano disturbi legati all’empatia.

Esso è tipicamente un “ecofenomeno”, ossia l’imitazione automatica ed involontaria di parole o frasi ascoltate o di movimenti osservati negli altri. E’ tipico non solo dell’uomo ma anche di altri animali, con caratteristiche diverse a seconda delle specie. Ad esempio, gli scimpanzé sbadigliano anche in risposta all’uomo, ma non a scimpanzé di altri gruppi o ad orango o babbuini. Anche gli elefanti africani e gli animali domestici sbadigliano in risposta all’uomo. Questi ultimi non lo fanno tra conspecifici, come segno della loro attenzione ai segnali sociali umani durante l’addomesticamento. In generale, negli altri animali, i meccanismi che governano il contagio degli sbadigli possono essere innescati da diverse rappresentazioni dello sbadiglio tra diversi taxa.

Nell’uomo, non vi sono studi per capire se questi sbadiglia anche in risposta ad altre specie.

La sua suscettibilità allo sbadiglio ha specifiche caratteristiche:

  • non presenta differenze di genere nella sua frequenza
  • cresce proporzionalmente alle capacità empatiche delle persone coinvolte
  • aumenta proporzionalmente al grado di legame tra le persone coinvolte (anche se, su questo, vi sono opinioni e risultati contrastanti)

Sbadiglio continuo

In alcuni casi, la frequenza con cui si manifestano gli sbadigli può diventare eccessiva, e la spiegazione di tale incremento sta nell’attuazione di stili di vita errati (carenza di sonno) o nell’insorgenza di condizioni patologiche, tra cui:

  • disturbi associati ad eccessiva sonnolenza diurna (apnee notturne o narcolessia, ipersonnia)
  • reazione vagale
  • malattie cerebrali come tumore, ictus, epilessia, sclerosi multipla, ipossie, stati anemici cerebrali
  • condizioni che causano alterazioni del controllo della temperatura corporea

In conclusione lo sbadiglio, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è un fenomeno complesso e frutto di opinioni contrastanti, ancora da dirimere.

Fonti