Carenza di ferro e anemia: quale ruolo svolge il nostro microbiota?

L’anemia da carenza di ferro o anemia sideropenica [dal greco: Sídēros = Ferro e Penìa = Povertà] è una malattia caratterizzata da un ridotto quantitativo di ferro nell’organismo. Il ferro è un oligominerale essenziale per il nostro benessere: è infatti parte della struttura dell’emoglobina, proteina globulare presente all’interno dei globuli rossi e responsabile del trasporto di ossigeno ai distretti corporei (Figura 1).

Anemia sideropenica
Figura 1 – Anemia da carenza di ferro [Fonte biomediccenter.com]

Epidemiologia sulla carenza di ferro

L’anemia da carenza di ferro è una condizione patologica diffusa molto di più di quanto si pensi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è la forma di anemia più frequente in età pediatrica. Ha una prevalenza del 20% tra i 0-4 anni di età e di circa il 6% tra i 5-14 anni. Molto frequente nelle donne più che negli uomini, in Italia colpisce il 13,6% di quelle in età riproduttiva e quasi il 20% di quelle in gravidanza. Questi numeri aumentano per i Paesi in via di sviluppo: si parla infatti di una vera e propria “epidemia” mondiale. Si stima una prevalenza superiore al 40% nei bambini con meno di 5 anni, e del 30% fra le donne in età fertile. Per questo l’OMS ha inserito come priorità di salute globale quello di ridurre del 50% la sua prevalenza fra le donne in età riproduttiva entro il 2025.

Cause della carenza di ferro

Le cause della carenza di ferro sono numerose e le più diverse. La sintomatologia aspecifica e confondibile porta molto spesso ad un ritardo nella corretta diagnosi con l’aggravarsi del problema. Un deficit di ferro può essere causato da 3 principali cause:

  • perdite di sangue eccessive, come mestruazioni abbondanti e/o frequenti, donazioni di sangue, interventi chirurgici complicati o del tratto intestinale, sport di endurance, sanguinamento occulto;
  • aumentato fabbisogno, come un rapido accrescimento, o in gravidanza o in allattamento;
  • scarso assorbimento a livello intestinale, ovvero in presenza di malattia celiaca, morbo di Chron, infezione da Helicobacter pylori, terapia con inibitori di pompa protonica. Anche una dieta vegana rigida può portare a situazioni di ridotto assorbimento, a causa della minore biodisponibilità del ferro nei vegetali.

Segni e sintomi della carenza di ferro

I sintomi dell’anemia sideropenica mutano con il passare del tempo. Se inizialmente possono essere di poco conto da essere sottovalutati, quando la carenza di ferro si prolunga, i sintomi si acuiscono e si possono manifestare:

  • stanchezza cronica e svogliatezza,
  • pallore,
  • mancanza di respiro,
  • mal di testa,
  • difficoltà di concentrazione,
  • vertigini,
  • mani e piedi freddi,
  • tachipnea,
  • ridotta tolleranza all’esercizio fisico,
  • unghie fragili,
  • eccessiva caduta di capelli.

Terapia convenzionale per la carenza di ferro

Generalmente la terapia per la carenza di ferro consiste nel far assumere al soggetto anemico per via orale sali ferrosi o ferrici.

I sali di ferro vanno assunti preferibilmente a stomaco vuoto, dal momento che il cibo ne riduce l’assorbimento. Tuttavia, la somministrazione dei sali di ferro per via orale spesso comporta nausea, vomito, sensazione di pesantezza a livello epigastrico e scarsa tollerabilità gastrointestinale. Tali effetti variano in maniera proporzionale alla concentrazione di ferro ionizzato presente nel tratto gastrointestinale. La scarsa tollerabilità associata ai tempi di terapia piuttosto lunghi (3-6 mesi, a seconda della carenza) portano frequentemente ad interrompere precocemente il trattamento con il perpetuarsi dei sintomi.

Sebbene siano state sviluppate soluzioni innovative per migliorare l’assorbimento dei sali di ferro (es. la tecnologia liposomiale, sucrosomiale, colloidale), gli effetti collaterali di natura gastrointestinale possono, seppur in maniera ridotta, ancora manifestarsi.

Il ferro nell’organismo

Il corpo umano contiene circa 3-4 g di ferro. Si suddivide in una quota circolante attiva nei processi metabolici (emoglobina, mioglobina ed enzimi metabolici) e in una di deposito (ferritina ed emosiderina).

Il ferro presente nel nostro organismo deriva dall’alimentazione, dove lo si può trovare in due forme con diversa importanza dal punto di vista nutrizionale:

  • ferro eme (o ferro organico), di facile assimilazione, rappresenta il 40% del ferro presente nella carne e nel pesce;
  • ferro non eme (o ferro inorganico), di difficile assorbimento, costituisce la totalità di quello presente nei vegetali (frutta, verdura, semi) e il 60% di quello presente nelle carni.

L’assorbimento del ferro

L’assimilazione del ferro è un processo altamente regolato e soggetto ad un elevato controllo omeostatico. L’assorbimento del ferro, che avviene nel tratto gastrointestinale, e più precisamente nel duodeno e nel primo tratto del digiuno, è strettamente influenzato dalla sua biodisponibilità, o meglio dal suo stato ossidativo. Il ferro infatti può essere presente in due stati ossidativi: quello ferroso (+2), tipico del ferro eme, e quello ferrico (+3), presente nel ferro non eme. Quest’ultimo per essere assorbito deve essere prima ridotto alla forma bivalente +2. L’ambiente acido dello stomaco, ed alimenti acidi come quelli ricchi di Vitamina C o di acido citrico (es. limone, pomodori, arance, kiwi) favoriscono la riduzione del ferro +3 a ferro +2, permettendone l’assorbimento da parte degli enterociti.

Sulla superficie delle cellule intestinali esiste comunque una proteina – chiamata Citocromo B duodenale (DCYTB) – in grado di ridurre il ferro +3 a +2, consentendone quindi il trasporto all’interno della cellula per mezzo del trasportatore dei metalli bivalenti 1 (DMT1) (Figura 2).

Assorbimento del ferro
Figura 2 – Assorbimento del ferro [Fonte wikipedia.org]

Microbiota: quale ruolo?

L’intestino ha un ruolo fondamentale per l’assorbimento dei nutrienti, ferro incluso, così come la produzione di acidi grassi o la degradazione di sostanze, attività che sono garantite dalla flora intestinale. Uno stato di disbiosi intestinale può causare malassorbimento di vari nutrienti, come il ferro, o al contrario una terapia orale di ferro in elevate quantità che vengono scarsamente assorbite, possono alterare il delicato equilibrio intestinale andando a “nutrire” ceppi patogeni.

Le ricerche sul microbiota intestinale svolte negli ultimi anni hanno evidenziato che l’integrazione specifica di probiotici può migliorare l’assorbimento del ferro risultando una valida alternativa terapeutica alla convenzionale terapia con sali di ferro, azzerando gli effetti collaterali di quest’ultima.

Novità dalla ricerca

Numerosi studi clinici hanno dimostrato che il ceppo probiotico Lactobacillus plantarum 299v (Lp299v) possiede la capacità di aumentare l’assorbimento del ferro assunto durante un comune pasto. L’assunzione di Lp299v aumenta sia i livelli di emoglobina che quelli di ferritina, segno che i depositi di ferro sono stati correttamente ripristinati. I trials clinici hanno incluso sia donne sane in età fertile con basse scorte di ferro sia donne in gravidanza, che ne necessitavano un maggior apporto. È importante infine evidenziare che oltre a ridurre il rischio di deficit di Ferro, l’integrazione con Lp299v non ha dato effetti avversi come la terapia convenzionale. Lp299v infatti sopravvive bene a tutte le condizioni del tratto enterico riuscendo a colonizzare la mucosa e normalizzando la funzionalità intestinale.

Studi di tipo meccanicistico ne hanno anche chiarito il suo meccanismo d’azione. Lp299v aumenta la biodisponibilità di ioni Fe3+ liberandoli dagli alimenti contenenti ferro non eme e parallelamente stimola l’espressione dell’enzima DCYTB, che converte il Fe3+ nella forma più biodisponibile Fe2+.

Tenere dunque in forma l’intestino, con probiotici che migliorano e arricchiscono il microbiota intestinale, è utile anche per l’assorbimento del ferro. Un’ottima strategia, dunque, sicura e senza effetti collaterali, per assicurarci delle adeguate scorte di ferro e una buona funzionalità dell’organismo nel suo complesso.

Fonti

  • Pasricha SR, et al. Iron deficiency. Lancet. 2021; 397:233-248
  • World Health Organization. Global nutrition targets 2025: policy brief series. Ref. n.: WHO/NMH/NHD/14.2
  • https://www.who.int
  • Hoppe M, et al. Probiotic strain Lactobacillus plantarum 299vincreases iron absorption from an iron-supplemented fruit drink: a double-isotope cross-over single-blind study in women of reproductive age. Br J Nutr. 2015; 114:1195-202.
  • Axling U, et al. The Effect of Lactobacillus plantarum 299v on Iron Status and Physical Performance in Female Iron-Deficient Athletes: A Randomized Controlled Trial. Nutrients. 2020; 12:1279
  • Axling U, et al. The effect of Lactiplantibacillus plantarum 299v® together with a low dose of iron on iron status in healthy pregnant women: A randomized clinical trial. Acta Obstet Gynecol Scand. 2021; 100:1602-1610
  • Sandberg AS, et al. Iron Supplements Containing Lactobacillus plantarum 299v Increase Ferric Iron and Up-regulate the Ferric Reductase DCYTB in Human Caco-2/HT29 MTX Co-Cultures. Nutrients. 2018; 10:1949

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