Dopo la prima guerra Cino-Coreana, la potenza imperiale Giapponese era in forte crescita. L’esasperato nazionalismo giapponese indusse alla nascita di una società razzista e con un militarismo reazionario; l’incontrollabile fanatismo di questo popolo accese maggiormente il razzismo nei confronti dei cinesi, coreani e russi. Nostante il Giappne disponesse di vasti territori e aggressività militare, l’impero era in sofferenza poichè l’Occidente aveva il controllo delle loro materie prime. Le potenze Occidentali controllavano infatti i pozzi e le rotte marittime, inducendo l’esercito nipponico ad una esagerata aggressività verso l’ostacolo cinese, la Siberia russa e l’Indonesia (colonia Olandese) e contro gli inglesi che imponevano la loro supremazia su Singapore e Hong Kong.
Nonostante la forza bellica del proprio esercito, Il Giappone non poteva sperare di acquisire armi atomiche, data la carenza di uranio e un mancato background in fisica nucleare. Alcuni funzionari furono colpiti dalla messa al bando delle armi batteriologiche, nel trattato di Ginevra nel 1925; le armi di tipo biologico erano più efficaci e meno costose di quelle nucleari. Infatti, la vittima colpita dalle armi biologiche diventava anch’essa un’arma, ossia una fonte di continuo contagio.
Fig.1: Ishii Shiro
Nel 1930 venne formata un’èquipe di ricercatori per creare armi batteriologiche e chimiche e studiarne gli effetti; Il medico militare Ishii Shiro (Fig.1) ottenne i fondi per iniziare le ricerche e fu nominato preside della facoltà del Dipartimento d’Immunologia all’Istituto dell’Esercito di Tokyo, e venne promosso quindi rapidamente al grado di maggiore. Invasero la Manciuria e scelsero tale luogo per insediarsi con le loro basi e laboratori, formando l’Unità 731 (Fig.2). L’Unità era formata da 150 edifici, 4500 contenitori per congelare pulci infette, 6 caldaie giganti per produrre sostanze chimiche e 1800 contenitori per produrre agenti biologici (si potevano produrre in pochi giorni 30kg di Bacilli della peste bubbonica).
Unità 731 (fig.2)
Per attuare il diabolico progetto giapponese era previsto l’utilizzo di esseri umani: gli esperimenti furono attuati su prigionieri politici e guerriglieri cinesi, più raramente criminali comuni e partigiani comunisti coreani (la Manciura rappresentava una cospicua “fonte” di cavie umane).
Gli esperimenti iniziarono subito contaminando pozzi e bacini con colture di Tifo, Colera, Turbecolosi e Antrace, ed anche il virus di una polmonite letale ebbe i suoi effetti disastrosi (Fig.3). Parallelamente Ishii studiava e sviluppava vaccini per le proprie truppe, scriveva infatti così:
“Ci sono due tipi di ricerca sulle armi biologiche, la A e la B. La scelta A coincide con la ricerca offensiva, la B con la
ricerca difensiva. La ricerca sui vaccini è di tipo B, e può essere fatta in Giappone. Tuttavia, le ricerche di tipo A possono essere fatte solamente all’estero”
fig.3: I drammatici effetti degli esperimenti giapponesi
All’interno dell’Unità 731 erano detenute dalle 500 alle 600 persone: erano utilizzati come cavie, alimentate con una dieta bilanciata e a cui era permesso addirittura l’esercizio fisico, in quanto dovevano trovarsi in ottime condizioni fisiche per subire gli esperimenti. Gli esperimenti consistevano nell’esporre la “cavia” alle infezioni di germi come spore di Bacillus antracis, germi come Burkholderia mallei (Morva), Yersinia pestis, Vibrio cholerae, Richettsia typhi e Salmonella typhi. Le torture erano continue, i prigionieri ancora viventi subivano vivisezione senza l’uso di anestetici, esposizione a gas tossici, congelamento, ferimenti con armi da fuoco, fratture di ossa e in alcuni casi ricevevano trasfusione di sangue equino. Le donne venivano violentate dai medici e dopo la gravidanza infettate da virus e batteri oppure costrette ad avere rapporti sessuali con altri prigionieri malati di sifilide e gonorrea.
L’obiettivo della tragica ricerca dell’Unità 731 era quello di individuare l’infezione più efficace da utilizzare per le armi biologiche, considerando territori e popolazioni da attaccare.
Da documentazioni originali sappiamo che furono utilizzate 10.000 cavie umane per gli esperimenti, di cui 540.000 morte in Cina e Corea a causa di epidemie causate dai Giapponesi.
Il Bacillus antracis era tra quelli più studiati, poichè maggiormente resistente alle temperature siberiane e ideale per infettare vasti territori.
Nel 1941, dopo l’attacco all’URSS da parte della Germania, i Giapponesi iniziarono le ricerche sulla peste, infatti furono inviati alla base grandi stufe per la coltivazione dei batteri del tifo e del paratifo, 75 tonnellate di agar-agar, estratto di carne, peptoni e sale da usare per la preparazione dei terreni di coltura e 200 bidoni da usare per l’allevamento delle pulci.
Ai confini con i territori dell’ex URSS , in particolare ad Hailar, vennero cercati 13000 topi infetti pronti ad essere liberati nelle campagne.
Anche verso la fine del conflitto, vennero liberati animali contagiati con virus e batteri letali mutati in laboratorio per causare con più facilità epidemie e morti.
Questi esperimenti portarono allo sviluppo di due armi batteriologiche: la bomba bacillare defoliante e una bomba di parassti.
La parte più triste di questro quadro storico, fu la protezione di tale segreto: il programma Unità 731 rimase segreto anche dopo il conflitto, poichè l’esercito degli stati Uniti promise l’immunità ai “Medici Neri” in cambio dei traguardi raggiunti nei loro esperimenti disumani. Molti dei medici accusati di crimini di guerra in effetti furono assunti e fecero carriera all’interno di case farmaceutiche in patria e negli Stati Uniti.
Veronica Nerino
Fonti:
– Gli esperimenti su cavie umane effettuati dai giapponesi e l’utilizzo delle armi biologiche nel teatro di guerra cino-giapponese (1937-1945) – Le infezioni della Storia della Medicina
– Orrori e misteri dell’Unità 731 : la “fabbrica” dei batteri killer – La Repubblica